Considero preziosissima questa riflessione di Padre Alex Zanotelli.
Zanotelli è una delle vere voci profetiche del nostro tempo. La sua
critica al sistema neoliberista e la sua difesa dei poveri passano
attraverso un invito a superare la fissazione sull'economia e sul denaro
e a formare delle comunità di resistenza che sappiano vivere in modo
semplice e conviviale.
Importante anche l'invito che Padre Alex ci fa a rafforzare le economie
locali, economie a dimensione umana che sappiano rendersi
autosufficienti dalle pericolosissime fluttuazioni del mercato mondiale,
pericolose in particolare per i soggetti sociali più deboli.
In questa prospettiva noi ci stiamo muovendo quando formiamo un Gruppo
di Acquisto solidale, quando ci impegnamo a creare un mercato contadino
mensile nelle nostre città o nei nostri paesi, quando ci poniamo
nell'ottica di creare e rafforzare dei distretti di economia locali che
mettano in comunicazione produttori, consumatori e risparmio locale ma
soprattutto quando cerchiamo di sottrarre la nostra vita alla
compulsione all'acquisto.
Affermiamo con la nostra vita che quello che conta non è il girare del
soldo ma l'autenticità dele relazioni che formano un vero tessuto
locale, comunitario e che ci pongono in relazione anche con la
dimensione naturale e spirituale della realtà!
Importantissima anche la sottolineatura fatta da Zanotelli della
necessità di affidarci a fonti energetiche rinnovabili e soprattutto
decentrate: anche questo è un modo per rafforzare le comunità locali che
va assolutamente perseguito.
Penso che quella che ci suggerisca Zanotelli sia, in questo momento la
strada giusta nella direzione di una alternativa al sistema che sia
praticabile e umana.
Elena
-----Messaggio originale-----
Da: forumlucca-bounces@???
[
mailto:forumlucca-bounces@inventati.org] Per conto di Alessio Ciacci
Inviato: martedì 13 settembre 2005 21.39
A: forumlucca@???
Oggetto: [Forumlucca] Rfilessione sul Commercio Equo e Solidale
Oggetto: [BdM] da Alex Zanotelli **MASSIMA DIFFUSIONE
Napoli/Rione Sanità, 1 settembre 2005
Carissimi e carissime,
Jambo!
Grazie per lo splendido lavoro che state facendo nelle oltre 500
botteghe del commercio equo e solidale (CES) sparse in Italia.
Girando per questo paese, ho trovate botteghe dove lavorano persone
splendide e che sono veri luoghi di condivisione, di informazione, di
resistenza. Grazie per lospitalità e il calore umano che vi ho trovato.
Ho visto il CES nascere quando ero a Nigrizia ed espandersi quando ero a
Korogocho. Poi lho conosciuto più dal di dentro quando a Korogocho
iniziò la cooperativa Bega Kwa Bega che ebbe il suo sbocco nel commercio
equo e solidale.
Per me il CES è un grande dono, una perla preziosa per resistere al
sistema. Sappiamo bene poi che questo sistema economico-finanziario
neo-liberista è talmente scaltro che può trasformare anche questa
perla in un suo fiore allocchiello. Corriamo il pericolo di buttare
le perle ai porci. Per cui è giusto chiederci dopo 20 anni di CES a che
punto siamo.
Permettetemi come compagno di viaggio di esporvi alcuni aspetti che mi
lasciano perplesso.
1. La grande distribuzione è in rapida crescita
Sembra che la metà del fatturato alimentare del CES si venda sulla
grande distribuzione. Mi sembra che nei punti vendita dei supermercati
non cè uno sforzo serio di informazione e coscientizzazione. Questo mi
sembra tradisca lo scopo stesso del CES che è nato non per mandare
qualche soldo in più al sud del mondo, ma per far capire ai consumatori
del nord che cè qualcosa di radicalmente sbagliato nella filiera
commerciale. Scopo del CES infatti è cambiare le regole del gioco perché
cè qualcosa di radicalmente ingiusto nel sistema economico
internazionale. È vero che i contadini impoveriti del sud ci chiedono di
vendere sempre più i loro prodotti, ma non è così che risolveremo i loro
problemi. Se ci dimentichiamo che il CES è uno strumento politico per
coscientizzare i consumatori del nord a cambiare le regole del commercio
internazionale, non otterremo nulla. Avremo fatto solo carità.
Avevo ritirato il mio nome da Transfair proprio perché, a mio avviso,
non faceva uno sforzo sufficiente per informare coloro che comperavano
quei prodotti. Ed in questo avevo allora lappoggio del CES. Ora è lo
stesso CES che rischia di trovarsi nella stessa situazione.
2. Lo sforzo politico è in calo
Mentre il CES a livello economico prospera, non altrettanto si può dire
del suo impegno politico. Trovo spesso nel CES una mancanza di
sensibilità politica che mi sconcerta! È incredibile per me vedere che
spesso su importanti questioni politiche (non parlo di partiti!), il CES
non cè. Questa mancanza della dimensione politica può portare a
conseguenze per me assurde. So di certo che la Max Havelaar (il
corrispettivo del CES in Svizzera) vende alla McDonalds di quel paese,
quaranta tonnellate di caffè allanno!!! E questo nel quasi totale
silenzio delle botteghe svizzere che trovano difficile protestare.
Ma allora a cosa serve il CES? A vender di più per aiutare i poveri?
3. Uno stimolo a consumare di più?
Se lenfasi del CES va al primato del commercio, al vendere di più, è
chiaro che linvito ad uno stile di vita più sobrio, a consumare di
meno, andrà decrescendo. Eppure è il cuore del CES che dovrebbe invitare
tutti a consumare di meno, ad avere uno stile di vita più semplice. Un
esempio di questa tendenza è lapertura di tante botteghe durante le
domeniche doro (precedenti la festa di Natale, la festa per
eccellenza del consumismo mondiale). È ovvio che in quelle domeniche si
vende di più. Ma è giusto? Non rischiamo di entrare nel grande giro del
consumare, consumare, consumare
Le botteghe dovrebbero essere dei luoghi dove la gente impara ad essere
più sobria, più essenziale.
4. Punto dincontro, di relazioni?
Ogni bottega del mondo dovrebbe essere il luogo dove si sperimentano
relazioni umane, fraternità, serenità, gioia di vivere. È un aspetto
fondamentale questo per ogni bottega in una società come la nostra dove
viene imposta una massificante cultura, materialista e consumista, che
ci riduce tutti a atomi, a tubi digerenti dove non esistono più
autentiche relazioni umane. Ecco perché è così importante la bottega
(con il rifiuto del supermercato!), dove si sperimenta la gioia dello
stare insieme, della celebrazione, dellincontro anche interculturale e
interreligioso. Lanima di ogni bottega dovrebbe essere una piccola
comunità che ama ritrovarsi, far festa, danzare la vita. Ogni comunità
dovrebbe essere una comunità alternativa alla cultura dominante.
5. E il volontariato?
E sotto gli occhi di tutti la tendenza ad assumere impiegati in bottega
a scapito del volontariato. È chiaro che una volta che il volume
commerciale di una bottega cresce, si dovrà assumere personale per far
fronte al lavoro. Per questo lassunzione di personale dovrebbe essere
temuta entro precisi limiti. Guai a noi se perdiamo la dimensione del
volontariato in bottega. Il rischio è che alla fine ci guadagneremo
sempre noi del nord a scapito dei poveri ai quali daremo le briciole. Ho
potuto toccare questo con mano con la cooperativa Bega Kwa Bega di
Korogocho.
6. LAfrica fanalino di coda
LAfrica sembra, purtroppo, essere allultimo posto nel CES. E una
constatazione questa che mi ferisce proprio perché lAfrica è il
continente oggi più disastrato. Ma perché il CES sta investendo così
poco in questo continente crocifisso? Perché così pochi prodotti
africani nelle nostre botteghe? Lo so, per esperienza, che è più
difficile lavorare con gli africani. Ma oggi è proprio lora
dellAfrica! Quandè che il CES deciderà di investire di più in Africa?
7. E il lavoro in rete?
Girando per lItalia, ho trovato botteghe della stessa città che non si
parlano, che non collaborano e che non lavorano in rete! Ma che razza di
commercio equo e solidale è mai questo? Come fanno botteghe della stessa
città a guardarsi in cagnesco, rifiutandosi per di più di partecipare
alla rete cittadina? Il CES è o non è uno strumento politico di
resistenza al sistema? E non dovrebbero le botteghe di una stessa città
essere le promotrici di reti locali che raccolgono tutte le realtà di
resistenza al sistema?
8. Comunità locali autosufficienti
Il CES non è fine a se stesso, ma deve aiutare tutte le forze critiche
presenti sul territorio per far nascere quelle esperienze locali
alternative che permettano poi lemergere di soluzioni economiche di più
vasto raggio. Lelemento chiave di questa prospettiva - afferma il
teologo tedesco U. Duchrow nel suo libro Alternative al capitalismo
globale è di rendere le comunità locali il più possibile
autosufficienti e proteggerle dagli effetti dannosi del mercato
mondiale.
Oggi non è più sufficiente fare resistenza, ma sarà sempre più compito
del CES creare spazi economici locali autosufficienti. E fondamentale
afferma sempre Duchrow - la creazione di spazi economici locali con
mercati locali che siano orientati al bisogno, sostenibili dal versante
ecologico e promuovano il lavoro. Il noto teologo tedesco Duchrow
conclude: Per questa evoluzione è molto importante il decentramento
dellapprovvigionamento energetico con energie rinnovabili (sole, vento,
acqua,
) e lo sviluppo dellagricoltura biologica preferibilmente nella
forma della cooperativa dal produttore al consumatore.
Scrivo questa lettera dal Quartiere Sanità dove vivo, uno dei quartieri
a rischio di questa grande città di Napoli, il più grande complesso
urbano dItalia e vero cuore del Sud. Vorrei proprio ricordare anche
alle botteghe del Nord di non dimenticarsi del commercio equo e solidale
del Sud . Le botteghe si sono infatti propagate molto al Nord e al
Centro, ma poco al Sud. E questo per tante ragioni. Penso che sarebbe un
bel gesto se le botteghe del Nord dessero una mano alle botteghe del Sud
per poter decollare. E così brutto veder che cè un Nord e un Sud anche
nel CES!
Questa lettera che vi proviene dal cuore del Sud vuole essere un grido
di allarme, ma anche un inno di grazie per lo splendido lavoro che il
CES ha fatto in questi 20 anni. Tutta lEuropa guarda con meraviglia
alla nostra maniera di fare commercio equo e solidale. Non sciupiamo
questa perla preziosa che ci è stata affidata, ma rendiamola sempre più
strumento efficace di resistenza.
Buon lavoro.
Sijambo
Alex
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