[NuovoLaboratorio] CPT! da "Repubblica"

Borrar esta mensaxe

Responder a esta mensaxe
Autor: megu@inventati.org
Data:  
Asunto: [NuovoLaboratorio] CPT! da "Repubblica"

"Io, poliziotto, vi racconto l'inferno dei Cpt'     di Vladimiro Polchi   



«Di giorno poliziotto, di notte carceriere». Michele Pellegrino, ispettore di
polizia, coordina dal 2002 l’ordine pubblico in un centro di prima accoglienza
del Sud Italia: Borgo Mezzanone, a pochi chilometri da Foggia. Un ex aeroporto
militare, dove i velivoli hanno lasciato spazio alle roulotte. Scatolette in
lamiera, gelide d’inverno, torride d’estate. Un ammasso di recinzioni e filo
spinato, spesso utilizzato come centro di permanenza temporaneo (Cpt), pur non
avendone i requisiti di sicurezza.

Un lavoro duro, ingrato, quello dell’ispettore Pellegrino. «Non è nel Dna di
un agente questo lavoro – sbotta – Nessuno sapeva di aver vinto un concorso
per fare il guardiano di un lager». Pellegrino è un agente con una lunga
esperienza alle spalle. Mai avrebbe pensato di finire a lavorare in un centro
di prima accoglienza. «La prima volta che ci sono entrato – ricorda – sono
rabbrividito. Il centro ha due enormi camerate che ospitano i poveri del
nostro tempo: anime tormentate che scappano dalla loro terra per fame o per
guerra, inseguendo il sogno di una vita migliore».

Pellegrino è il responsabile della sicurezza. «Facciamo i guardiani di povera
gente – racconta – quasi tutti hanno venduto quel poco che avevano, talvolta
indebitandosi per tentare la fuga da una vita di stenti, imbarcandosi in
carrette galleggianti e sfidando la morte in mare per raggiungere la nostra
Italia». Poi, una volta arrivati, «li rinchiudiamo in uno dei nostri centri
“d’accoglienza” ». Pellegrino fa il suo dovere scrupolosamente, ma ne soffre.
«Gli stranieri con cui lavoriamo – afferma – non parlano una sola parola della
nostra lingua e questo aumenta in loro la fobia del poliziotto in divisa».

«Il nostro Paese – è l’appello dell’ispettore – non può rimanere indifferente
al dolore di questi cittadini del mondo, che hanno avuto la sfortuna di
nascere in uno Stato povero e attanagliato da vecchie guerre etniche o religiose».

Aria torrida e vaccini.
Nel luglio 2002 Michele Pellegrino, in rappresentanza del sindacato di polizia
Silp-Cgil, scrive al ministero dell’Interno per lamentare «lo stato pietoso
delle condizioni di vita dei poliziotti e degli “ospiti”, che non sono né
detenuti, né prigionieri di guerra o politici». Il sole, «l’aria torrida e
soffocante mette a dura prova gli agenti impiegati a fare i secondini a gente
disperata». E ancora. «Altro aspetto ignorato è quello delle vaccinazioni:
nessuno si è mai preoccupato di eseguire una tutela sanitaria preventiva».

Conta notturna.
A fine novembre 2002, un’ordinanza firmata dal questore impone al personale di
polizia e carabinieri, in servizio nel centro, di contare gli immigrati a ogni
cambio turno. L'operazione va dunque ripetuta ogni sei ore, anche di notte
dopo le ore 24 e la mattina alle 6. «È una disposizione assurda – denuncia
Pellegrino – che ci costringe a svegliare gli stranieri nel cuore della notte,
a scoprirli da sotto le coperte e a contarli a uno a uno».

Fiamme.
Nella notte del 20 febbraio 2004 prende fuoco una roulotte. Le fiamme,
alimentate dal forte vento, avvolgono in pochi minuti l’intero abitacolo. Gli
agenti in servizio intervengono immediatamente. Corrono verso la fontana ai
margini della pista, ma si accorgono con stupore che mancano le manichette
antincendio. «Il personale è stato davvero coraggioso – ricorda Pellegrino –
l’incendio è stato spento con secchi d’acqua e altri mezzi di fortuna. Solo
per poco si è evitata la tragedia».

Una morte misteriosa.
L’ 11 giugno 2004, Michele Pellegrino scrive una lettera al presidente della
Repubblica. E’ venuto a conoscenza di una vecchia e drammatica storia. Il 31
agosto del 1999 un mezzo delle forze dell’ordine ha investito, all’interno del
centro d’accoglienza, due adulti e un minore. Un uomo muore. La Croce Rossa –
che gestisce il centro – nega la veridicità della notizia: c’è stato solo un
ferito. La Silp-Cgil conferma: «Il morto ci fu e si chiamava Kamber Dourmishi,
nato a Pristina nel 1960. Basta andarsi a leggere il referto n°1220». Nessuno
replica. Qual è la verità?

Lavoro ingrato.
Oggi a Borgo Mezzanone ci sono solo 30 immigrati, in attesa di ottenere asilo
politico (nei momenti peggiori gli “ospiti” sono stati anche 700). «La
situazione ora è meno drammatica – racconta Pellegrino – ma rimane difficile».
Il futuro del centro è quello di diventare un vero e proprio Cpt: cancelli e
telecamere già sono state montate. «Questo lavoro non ci appartiene – sostiene
l’ispettore – in pochi lo fanno volentieri, anche se si prende un indennizzo
per fuori sede di 25 euro al giorno». Borgo Mezzanone è «un campo di
detenzione», «negli occhi delle persone rinchiuse si può leggere la morte
della speranza, la disperazione dell’attesa, il terrore del rimpatrio».
(04 marzo 2005 - ore 11.15)