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Autor: Elena Bertoli
Data:  
Asunto: [Forumlucca] I: [glt NV] Fw: riflessione Johan galtung le alternative pr un nuovo ordine mondiale

-----Messaggio originale-----
Da: Anna Fazi [mailto:anna.fazi@fastwebnet.it]
Inviato: sabato 12 febbraio 2005 14.39
A: Al Gruppo di Lavoro Tematico sulla Nonviolenza
Oggetto: [glt NV] Fw: riflessione Johan galtung le alternative pr un
nuovo ordine mondiale


per chi non l'ha ricevuto
ciao
Anna


RIFLESSIONE. JOHAN GALTUNG: LE ALTERNATIVE PER UN NUOVO ORDINE MONDIALE
[Dal sito di Peacelink riprendiamo questo articolo di Johan Galtung
pubblicato su "Missione oggi" di febbraio 2005 (per contatti:
HYPERLINK
"mailto:missioneoggi@saveriani.bs.it"missioneoggi@???).
Johan Galtung, nato in Norvegia nel 1930,
fondatore e primo direttore dell'Istituto di ricerca per la pace di
Oslo,
docente, consulente dell'Onu, e' a livello mondiale il piu' noto
studioso di
peace research e una delle piu' autorevoli figure della nonviolenza. Una
bibliografia completa degli scritti di Galtung e' nel sito della rete
"Transcend", il network per la pace da lui diretto, cui rinviamo:
HYPERLINK "http://www.transcend.org"www.transcend.org]

Gli imperivengono, gli imperi vanno. Nessun impero e' eterno. Potremmo
definire un impero come un insieme articolato di conquiste militari,
dominio
politico, sfruttamento economico e penetrazione culturale. Non c'e' solo
una
dimensione economica.
Un famoso pianificatore del Pentagono (Ralph Peters, colonnello
dell'esercito americano durante gli anni '80 e '90, ndr), ha affermato
che
il fine delle Forze armate degli Stati Uniti sia quello di rendere il
mondo
sicuro per favorire l'interesse commerciale e l'offensiva culturale
americana, aggiungendo: "Toward this end there will be a fair amount of
killing" ("Per questo scopo avremo un numero non trascurabile di
morti").
Per questo, a partire dal secondo dopoguerra, in seguito a 70 interventi
militari, gli Stati Uniti si sono resi colpevoli della morte di un
numero di
persone compreso tra 12 e 16 milioni.
*
Una nuova teoria
Io non sono antiamericano: sono contro l'imperialismo americano, e
quindi
contro la guerra che provoca. Nel 1980 ho sviluppato una teoria sulla
fine
dell'impero sovietico che aveva come fondamento la "sinergia delle
contraddizioni sincronizzate" e che prevedeva il crollo dell'Urss entro
dieci anni, preceduto dalla caduta del muro di Berlino. Nell'ex-Unione
Sovietica erano presenti sei contraddizioni sincronizzate: quella tra
l'Unione Sovietica stessa e gli Stati satelliti, tra la nazione russa e
le
altre nazioni dell'impero, tra aree urbane e rurali, tra borghesia
socialista e classe operaia socialista, tra liquidita' e mancanza
cronica di
beni di consumo, tra miti e realta'. E' possibile che un sistema possa
dominare con le baionette una contraddizione, ma quando tutte crescono e
tra
di loro si crea una sinergia, allora bisogna cambiare il sistema per
evitarne il crollo.
Due mesi prima rispetto alla mia previsione, nel novembre del 1989, e'
stato
abbattuto il muro di Berlino; subito dopo si e' smembrato l'impero
sovietico. Al momento gli Stati Uniti hanno ben 15 contraddizioni.
Cinque
anni fa, nel 1999, ho azzardato che l'impero americano non sarebbe
andato
oltre il 2025. Da quando e' stato eletto Bush, ho ridotto di cinque anni
questa previsione: nelle teorie sistemiche cio' si chiama "acceleratore
di
sistema".
*
Golpe fascista o processo di verita'?
Quando tra quindici o venti anni un presidente americano dichiarera'
alla
televisione che gli Stati Uniti ritireranno le proprie truppe di
occupazione, elimineranno tutte le loro basi militari dislocate
all'estero,
e parteciperanno alle Nazioni Unite come uno Stato uguale a tutti gli
altri,
allora potremo prevedere due cose: o che toglieranno il collegamento
durante
il suo intervento, o che ci sara' un golpe militare fascista. Cio' e'
possibile. Siamo stati vicino a questo negli anni '30, durante la
presidenza
Roosevelt. Cio' che dobbiamo fare fin da ora, e' insegnare al popolo
americano i valori dell'uguaglianza, far capire loro che non esistono
popoli
eletti, che viviamo tutti sullo stesso pianeta e che insieme possiamo
migliorare le cose. Per fare questo c'e' bisogno dell'Onu, non dominata
da
una sola potenza e nemmeno da un Consiglio di sicurezza dotato di poteri
esclusivi.
Gli americani non colgono il nesso strettissimo tra economia e guerre.
Sono convinto che negli Usa ci sia bisogno di un processo pubblico di
verita
e riconciliazione. E' importante ricordare che l'emancipazione dei
cittadini
tedeschi dall'eredita' del passato nazista, e' avvenuta proprio in
seguito a
un percorso analogo che essi hanno compiuto non soltanto grazie
all'ammissione delle proprie colpe, ma anche grazie alla pubblicazione
di
testi scolastici in cui la parola "Auschwitz" ricorre molto spesso. In
questo modo le generazioni che si sono succedute hanno avuto la
possibilita'
di capire e di imparare. Una scossa positiva negli Stati Uniti
favorirebbe
il processo di liberazione che sta avvenendo, ad esempio, in America
latina,
processo che vedo destinato a sfociare nella costituzione degli Stati
Uniti
dell'America latina, una nuova entita' istituzionale e politica, ma
senza la
bomba atomica.
*
Un modello federativo per Africa e Medio Oriente
L'idea di Abramo di indicare una terra promessa per un popolo eletto e'
interessante, ma, come dicono gli arabi, nessuno ha firmato questo
patto,
ne' esiste una registrazione o un rapporto stenografico che lo attesti.
Credo nella legittimita' dell'esistenza di uno Stato israeliano e di uno
palestinese, ma non ritengo che la soluzione dei "due popoli, due stati"
sia
la migliore. Oltre a un "bilancio militare" esiste anche un "bilancio di
pace". Israele e' troppo forte, la Palestina troppo debole. Dovremmo
piuttosto pensare a un modello federativo, a creare cioe' una comunita'
di
Paesi mediorientali, di cui facciano parte uno Stato palestinese
riconosciuto, Israele, Siria, Libano, Giordania e Egitto, e in cui
proprio
le nazioni arabe possano rappresentare un legittimo contrappeso rispetto
a
Israele.
Dopo mille anni senza traccia alcuna di una cultura delle sinergie,
questa
soluzione permetterebbe, sul modello della Comunita' europea del 1958,
l'affermazione di un'economia cooperativa, confini aperti per la libera
circolazione delle persone, oltre che degli investimenti, nell'intera
regione. Del resto, la pace in Europa occidentale non si e' fatta sulla
base
di un trattato tra Germania e Lussemburgo. E' stato creato un
contrappeso
alla Germania, ed esso era rappresentato da Olanda, Belgio, Lussemburgo,
Francia e Italia.
Ho tenuto moltissimi seminari, conferenze, incontri in Medio Oriente, e
ho
accumulato una lunga esperienza da cui ho tratto insegnamenti preziosi.
Occorre agire dal basso, coinvolgendo in modo ampio e costante quante
piu'
persone e gruppi possibili della societa' civile della regione, perche'
discutano tra loro sul Medio Oriente in cui vorrebbero vivere. La pace
sta
nel futuro, non in un dibattito senza uscita sulle colpe del passato.
Il modello federativo che ho proposto per il Medio Oriente vale anche
per
l'Africa centrale. Qui, dove e' molto forte il peso dell'imperialismo
europeo, vedo infatti la possibilita' della costituzione di una
confederazione bioceanica che comprenda Tanzania, Uganda, Rwanda,
Burundi,
Repubblica democratica del Congo e Congo Brazzaville. Parlo di una
confederazione con confini aperti, dall'Oceano Indiano all'Oceano
Atlantico,
attraversata da una ferrovia, a patto che non venga costruita dagli
europei:
essi non conoscono la direttrice Est-Ovest, ma solo quella Nord-Sud.
Cio'
rappresenta il loro "crimine geografico". Il Sudafrica ha gia' fatto
questo.
Per quanto riguarda, inoltre, l'intero continente, dobbiamo sostenere
con
forza il processo di unita' africana, fortemente osteggiato da Europa e
Stati Uniti. Noi occidentali non abbiamo alcun diritto di mantenere le
divisioni, ma solo il dovere delle scuse, del risarcimento e della
verita'
nei confronti delle popolazioni africane che abbiamo colonizzato e
sfruttato.
*
La terza guerra mondiale
Spostiamoci ora nella zona piu' delicata del mondo, quella che comprende
Cina, India e Russia. Proprio qui gli Stati Uniti stanno preparando la
terza
guerra mondiale. Gli strateghi americani della Casa Bianca e del
Pentagono
seguono una dottrina imperiale concepita da un geografo britannico nei
primi
anni del '900, e che si puo' sintetizzare cosi': chi domina l'Europa
orientale domina l'Asia centrale; chi domina l'Asia centrale domina
l'isola
mondiale (cioe' la regione che comprende Europa, Asia e Africa); chi
domina
l'isola mondiale domina il mondo.
Questa tesi, evidentemente folle, gode di grande considerazione a
Washington. Essa viene riproposta nientemeno che nel piu' importante
documento che attesta l'attuale linea geopolitica americana, il
documento
JCS570/2. Questo rappresenta la risposta all'interrogativo di Roosevelt
riguardo a quale linea di politica estera avrebbero dovuto tenere gli
Stati
Uniti dopo la conclusione della seconda guerra mondiale. L'esigenza era
quella di rendere il mondo sicuro per i commerci americani. A questo
scopo
furono individuate tre aree geografiche su cui imporre un rigido
controllo:
l'Europa occidentale, l'Asia orientale e l'America latina del nord. Il
progetto fu concretizzato e formalizzato attraverso la sigla di tre
distinti
trattati militari, rispettivamente la Nato, l'Ampo e il Tiap.
Tornando alla regione di Cina, India e Russia, appare subito evidente
che
essa presenta il 40% dell'intera popolazione mondiale e che si situa
precisamente nel bel mezzo dell'espansione della Nato, da una parte, e
dell'Ampo dall'altra. Se a questo poi aggiungiamo che gli Stati Uniti
stanno
prendendo il controllo della regione grazie alla costruzione di numerosi
avamposti militari, ad esempio nelle repubbliche islamiche
dell'ex-Unione
Sovietica, e che i tre Paesi in questione prevedibilmente raggiungeranno
un
accordo per il controllo comune della zona, avremo tutti gli elementi
per
comprendere la delicatezza della situazione.
L'idea poi di fare dell'Afghanistan e dell'Iraq due Stati unitari e'
un'illusione occidentale. Sul territorio iracheno convivono quattro
nazionalita': curda, turcomanna, sunnita e sciita. Su quello afghano ben
undici. Un modello federale e' l'unica alternativa praticabile per
questi
due Paesi.
*
Come riformare le Nazioni Unite
Come e' possibile gestire tutto questo? Lo strumento si chiama "Nazioni
Unite". Pero' nei prossimi venti anni e' necessario introdurvi tre
cambiamenti.
Innanzitutto e' necessario abolire nel Consiglio di sicurezza il diritto
di
veto, un sistema feudale che non ha nulla da spartire con il mondo
moderno e
grazie a cui gli Stati Uniti, che lo hanno utilizzato 76 volte, hanno
potuto
paralizzare il funzionamento dell'intera organizzazione. Si deve inoltre
espandere il numero dei Paesi membri del Consiglio a 54, cioe' il numero
degli Stati presenti nel Consiglio economico e sociale, l'organo che
dirige
con buoni risultati le agenzie speciali. Infine occorre abolire
l'articolo
12/A della Carta dell'Onu, che afferma che sui temi di competenza del
Consiglio di sicurezza, l'assemblea generale non ha il diritto di
promuovere
risoluzioni.
Il secondo punto di riforma riguarda la democratizzazione delle Nazioni
Unite. E' necessario creare un parlamento che preveda un rappresentante
per
ogni milione di cittadini. In questo modo avremmo un'assemblea con 1.250
cinesi, 1.000 indiani, 275 americani, 190 russi, 9 svedesi ecc. La
presenza
degli occidentali in un parlamento siffatto si ridurrebbe al 22%: un
buon
test per verificare la disposizione ai valori democratici che diciamo di
sostenere. La precondizione che sta dietro a questa soluzione, prevede
che
tutti i rappresentanti non siano scelti e designati, bensi' vengano
eletti
in elezioni democratiche, regolari, libere e segrete.
Il terzo e ultimo punto di riforma consiste nel trasferimento dell'Onu.
Credo che la sede ideale sia Hong Kong, dove si parlano le due lingue
piu'
importanti, inglese e cinese.



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