Autor: Andrea Agostini Data: Asunto: [NuovoLaboratorio] genova chiavari amianto : condannati dal
tribunale due dirigenti fincantieri
Il Secolo XIX Webdal secolo xix
mercoledi 13 ottobre 2004
Fincantieri, morì per l'amianto Condannati due dirigenti di Riva
Otto mesi (ma pena sospesa) a due responsabili dello stabilimento: non
adottarono le misure di sicurezza
Chiavari E' morto su un letto d'ospedale divorato da una brutta bestia che
lo rodeva da più di un anno, l'asbestosi. Aveva 57 anni, trenta dei quali li
aveva trascorsi lavorando nel possente stabilimento Fincantieri di Riva
Trigoso, tra le gru più alte d'Europa e gli scali dai quali a luglio è scesa
in mare la prima portaerei della storia della marina italiana. Faceva il
tubista, non sapeva, e nessuno glielo ha mai detto, che allora Fincantieri
faceva grande uso di amianto. Tanto che gli ha causato il mesotelioma che
l'ha portato alla tomba.
E' morto sette anni fa Giorgio Tacchini, amatissimo sposo di Delma Cadeo e
padre di Igor e Silvia. Ha lavorato sino all'ultimo, ha rifiutato la
pensione perché voleva far studiare i figli, ha combattuto sul letto
d'ospedale ma era una battaglia persa in partenza.
La giustizia in Italia è lenta, ma prima o poi arriva. Ieri è arrivata con
la condanna dei dirigenti che gestivano il grande cantiere, Pietro Orlando
dal '72 al '76, e Mario De Negri dal '77 all'81. Un terzo imputato, Lorenzo
Viacava, è stato assolto perché il fatto non sussiste: quando prese in mano
le redini dello stabilimento Giorgio Tacchini già stava lottando con la
morte. Un quarto, messo sotto accusa, Raniero Fabbri, è deceduto.
Otto mesi di carcere (pena sospesa), pagamento delle spese legali,
interdizione dai ruoli direttivi in aziende pubbliche e private,
risarcimento dei danni da stabilirsi in sede civile: il giudice Antonella
Bernocco ha pronunciato nel pesante silenzio dell'aula di palazzo di
giustizia la prima sentenza in Liguria che inchioda alle proprie
responsabilità chi conosceva il rischio al quale erano sottoposti gli operai
e non ha adottato le necessarie misure di sicurezza. Dal '95 al 2001 sono 26
i morti per mesotelioma che lavoravano a Fincantieri. Eppure erano
quarant'anni che si sapeva del rischio di lavorare a contatto con l'amianto
e da venti era stato collegato all'insorgere del tumore pleurico.
«C'era amianto ovunque in quegli anni - ha sostenuto la difesa di
Fincantieri - Come è possibile sostenere che Tacchini abbia contratto il
mesotelioma proprio sul posto di lavoro?». Una tesi fragile che non ha retto
contro l'arringa di Angelo Paone, avvocato di parte civile. «Sono stati
decisi controlli, ma i controllori non sono mai intervenuti», ha spiegato
Paone, portandoli sul banco dei testimoni a raccontare l'orrenda verità. E
così, di ventisei cadaveri per nulla eccellenti, almeno uno ha avuto
giustizia. Lenta ad arrivare, sì, ma inesorabile quando finalmente arriva.
Ieri è stata la prima volta.
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Giacomo Ferrera
L'AVVOCATO «Una sentenza importante la prima in tutta la Liguria»
ChiavariL'avvocato Angelo Paone, che sta curando gli interessi della
famiglia Tacchini e fa parte dello studio del legale sammargheritese Andrea
Vernazza, non ha dubbi: «Siamo di fronte a una sentenza importante - ha
spiegato - C'erano dei precedenti a Crema, Torino, Venezia (tutte condanne
confermate dalla Corte di Cassazione, ndr) ma nessuno in Liguria. Ci
troviamo di fronte all'assunto che il direttore di uno stabilimento è
responsabile dell'incolumità dei dipendenti così come lo è l'azienda.
Dall'86 in poi Fincantieri non ha più utilizzato amianto in maniera
massiccia, ma i 26 decessi dal '95 al 2001 la dicono lunga sul pericolo
corso all'interno dello stabilimento di Riva Trigoso». Due erano gli
obiettivi dell'avvocato Paone: associare l'insorgere del mesotelioma al
posto di lavoro e far riconoscere la responsabilità di chi era a capo dello
stabilimento. Entrambi gli obiettivi sono stati raggiunti. Importante sarà
leggere le motivazioni della sentenza in vista dell'inevitabile processo di
appello.
«Un anno di calvario»
La famiglia della vittima ha accolto la sentenza con serenità: «È giusta,
Giorgio non s'è mai lamentato e non ha mai fatto ricorso alla mutua»
La vedova: solo mio figlio sapeva, ha sopportato un peso enorme
Lavagna «Penso sia una sentenza giusta, ovviamente è quella in cui speravo.
Giorgio ha lavorato trent'anni nel cantiere a contatto con l'amianto ma non
si è mai lamentato, non ha mai fatto ricorso alla mutua, sì e no trenta
giorni in tutta la sua vita di lavoro. E' logico che il male se lo sia preso
e portato alla tomba, la dedizione tante volte non paga».
Nella sua abitazione di via Santa Giulia, a Lavagna, è serena Delma Cadeo,
vedova di Giorgio Tacchini, l'operaio tubista di Fincantieri morto per
mesotelioma sette anni fa. Serena ma determinata, giustizia è stata fatta
anche se le restituirà il danno economico ma non potrà certo restituirle il
marito, padre di Igor, che oggi ha trent'anni, e di Silvia che ne ha
ventisette.
«Per Giorgio il lavoro era importante - aggiunge la donna - La sua è stata
una malattia complessa, un anno di calvario vissuto da mio figlio che era
l'unico a conoscenza del male che aveva aggredito il padre. A me non l'ha
mai detto, eravamo troppo uniti con Giorgio, temeva che gli avrei potuto far
intuire la tragedia che lo stava portando alla tomba».
Ma l'operaio tubista, pur dopo il ricovero in ospedale e l'invito a mettersi
in pensione, ha continuato a lavorare. "Non posso andare in pensione -
diceva - I miei figli devono studiare". «Quando è morto Igor è entrato in
una crisi profonda, una depressione che l'ha colpito in maniera pesante
anche perché a soli 23 anni aveva dovuto sopportare in silenzio il dramma
del padre senza dire nulla a nessuno neanche in famiglia - aggiunge Delma
Cadeo - Si è preso una responsabilità più grossa delle sue spalle, ma sapeva
che io e Giorgio eravamo una coppia troppo affiatata. Così, mentre Giorgio
iniziava a spegnersi, Igor iniziava il suo calvario personale. Che è
continuato anche dopo il tristissimo epilogo».