Milano a due ruote libere
Migliaia di ciclo-attivisti invadono la città in occasione della
conferenza mondiale dell'Onu sul clima
LUCA FAZIO
MILANO
/Piiit-piiit!!! /Che musica è questa? Clacson. Automobilisti
inscatolati. «Vaffa» di qua, e «vaffa» di là. Bellissimo. E' normale
dialettica stradale quando per una volta a Milano comandano le
biciclette. «Vai via, fai il bravo». Ancora clacson. Ma è una melodia
rilassante per la /massa critica/ che pedala in ordine sparso
sconvolgendo il primo sabato di feroce shopping natalizio. Non c'è
cattiveria, anzi. Ci sono le mamme - e chi osa suonare a una mamma? - ci
sono bambine bellissime che scivolano sui pattini per consegnare ai
passanti un disegnino dell'Arciragazzi - un'auto che «nuoce gravemente
alla salute» - e ci sono le coppie che si esibiscono in acrobatici
bacini su due ruote. E il cane? Nel cestino, e non se ne abbiano a male
gli animalisti. E' stato uno stop salutare, educativo. Un bel casino.
Del resto, anche se ci raccontano il contrario (mamma mia, «traffico
impazzito, sarà una giornata difficile per Milano») sotto sotto
cominciano a essere in molti a riconsiderare il piacere del caos
organizzato che ogni tanto mette in ginocchio una città che ha fatto
della frenesia la sua firma inconfondibile. Hanno raccontato che l'altro
giorno Milano era inferocita con i tranvieri (altro caos...) e invece
non era vero. A proposito di brutti e cattivi e perdipiù vestiti di
nero, indovinate un po' chi chiudeva la ciclomanifestazione ufficiale di
ieri, come fossero black bloc in castigo, davanti alle automobili della
digos, trascinando palloncini di Legambiente con fare penitenziale?
Cinque tranvieri: in divisa. «Mitici». «Bravi». «Grandissimi». «Avete
fatto un gesto di grande tenerezza». «Questi sì che hanno due...così». E
via pedalando. E poi: quand'è che si può guardare dritto in faccia un
vigile motomunito un po' cafone per dirgli «ciccio, cerca di andare
piano che sei su due ruote anche tu»? Ieri. Semplicemente perché non c'è
scritto da nessuna parte che la strada è delle automobili. Del resto per
un uso sovversivo della bicicletta non bisogna darsi tanto da fare.
Basta salire in sella, e pedalare.
E' semplicemente così che la più grande ciclomarcia urbana della storia
d'Italia - il paese con la più alta intensità di motorizzazione (66 auto
ogni 100 abitanti) - si è presa la città, pedalando dalla Fiera di
Milano fino a piazza Castello, voltando le spalle alla conferenza
mondiale sul clima (Cop9), che qualcuno ha già ribattezzato Poc9. E'
stata un operazione a tenaglia, perché contemporaneamente, dall'altra
parte della città, è partita anche Critical Mass, il movimento a pedali
anarcociclista che da due anni è avanguardia di un movimento su due
ruote che scompagina il tran tran milanese. Quella di ieri è stata una
Critical Mass speciale, con arrivi da tutta la Lombardia, da Roma e
persino dall'Inghilterra. E pure spietata. Perché dopo un po' il gruppo
si è volutamente sfilacciato, diverse cellule da 50 ciclisti sono
partite in fuga senza nemmeno sapere dove andare. Risultato: il centro
di Milano era come un flipper impazzito pieno di palline. Il messaggio è
stato politico, contro l'effetto serra, e perché in Italia le emissioni
di Co2 sono dovute per il 27% al traffico su gomma e il governo continua
a sparlare di autostrade. Però, conferenza mondiale sul clima a parte, è
da tempo che a Milano l'uso orgoglioso della bicicletta viene cavalcato
per veicolare un disagio diffuso contro un modello urbano impazzito, e
non solo per via delle polveri sottili. Per dirla in maniera brutta, la
bicicletta è di moda. E sta cercando di ritagliarsi spazi nel traffico
per parlare anche d'altro. Basta leggere le lettere pubblicate sulle
pagine locali del /Corriere della Sera/ per accorgersi di come sia
feroce la battaglia tra chi si rinchiude in auto e schiuma rabbia per il
zigzag delle bici e chi invece pedala a petto in fuori sempre più vicino
al centro della carreggiata come se fosse sul sentiero di guerra. Sta di
fatto che a Milano i ciclisti, quando si incrociano, si sbirciano con
aria di complicità. Sicuri che se ne fa di strada andando in bici.