[ssf] Fw: [COMITATI] riflessioni dopo la manifestazione del …

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Author: Enzo Arighi
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Subject: [ssf] Fw: [COMITATI] riflessioni dopo la manifestazione del 12 aprile
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To: <lista.comitati@???>; <lista.cn@???>
Sent: Wednesday, April 16, 2003 1:14 PM
Subject: [COMITATI] riflessioni dopo la manifestazione del 12 aprile


> Care/i, vi mando alcune riflessioni personali sulla manifestazione del 12
> aprile e sulla vicenda delle "azioni" dei disobbedienti.Con l'intento di
> aprire una discussione fra di noi.
> Abbracci.
> Marco Bersani
>
> RIFLESSIONI DOPO LA MANIFESTAZIONE DI SABATO 12 APRILE
>
> La manifestazione del 12 aprile ha dimostrato ancora una volta la forza
> e lo spessore di quanto il movimento contro la guerra è riuscito a

costruire
> in questi mesi. Lo dimostrano le centinaia di migliaia di persone venute
> in piazza a Roma (risultato per nulla scontato) e lo straordinario fatto
> che nessun italiano ha ritirato le bandiere dai balconi : il segno che il
> messaggio che la guerra non è finita e che non è un incidente di percorso
> è in qualche modo passato fra la gente.
> Per contro, è innegabile come la conquista dell'Iraq abbia altresì

dimostrato
> che, se è vero che il modello neoliberista è in crisi (vince militarmente
> perchè non convince politicamente) è altrettanto vero che il dominio

militare
> che può esercitare è senza limiti. Siamo di fronte ad una nuova

colonizzazione
> del pianeta, con un tentativo di ridisegno militare degli equilibri

geopolitici,
> con una guerra senza confini per il prelievo delle energie fossili residue
> in attesa dell'accaparramento delle nuove materie prime (acqua, genoma,
> specie viventi) in via di totale privatizzazione, grazie al WTO e alle

politiche
> neoliberiste.
> Questi elementi pongono all'insieme del movimento un problema di non poco
> conto: rischiamo l'impotenza (la guerra non si è fermata) proprio nel

momento
> in cui è evidente la nostra forza e la nostra capacità di allargamento.
> Come essere incisivi e come valorizzare la maggioranza culturale che in
> questo paese si è espressa e mobilitata come mai prima d'ora contro la

guerra,
> in un momento in cui tutti gli spazi di mediazione sono chiusi, perchè il
> modello neoliberista non se li può permettere?
>
> E' un problema reale, che collettivamente dobbiamo affrontare. Ed è alla
> luce di queste considerazioni che va affrontato quanto successo dentro il
> corteo del 12 aprile, laddove una parte del movimento dei disobbedienti
> ha praticato le azioni dirette di danneggiamento dei bancomat lungo il

percorso,
> rompendo consapevolmente il patto interno che il movimento si era dato da
> Genova in avanti.
> Trovo politicamente grave e sbagliata questa scelta, ma non vorrei che

fosse
> discussa ancora una volta astrattamente in termini di violenza/non

violenza.
> Non mi interessa discutere con il bilancino se la vernice rossa sulle

banche
> sia accettabile, mentre la rottura delle vetrine sia condannabile.Non

provo
> emozioni per i bancomat, nè mi interessa come risultato di un corteo che
> tutti ci si sia narcisisticamente comportati bene;non sono neppure

d'accordo
> a "banalizzare" la questione, riducendola ai "soliti personaggi in cerca
> d'autore". Sono tutti elementi veri, ma che rischiano di oscurare la

questione.
> La scelta di chi ha praticato le azioni dirette durante la manifestazione
> è politica: ha a che fare con l'idea che il movimento abbia fallito

nell'obiettivo
> di fermare la guerra, e con la considerazione che, di fronte al dominio
> militare assoluto degli Usa, nulla più contino le maggioranze culturali
> e le opinioni pubbliche, ma che occorra praticare la rivolta (il riot

organizzato).
> Questa credo sia la questione e su questa credo occorra aprire la

discussione
> .
> Personalmente, considero reale il fatto che tutti gli spazi di mediazione
> siano chiusi; è del resto questo il senso del binomio lotta alla

guerra/lotta
> al neoliberismo che è l'elemento costitutivo del movimento. Ma proprio

perchè
> gli spazi sono chiusi e l'avversario utilizza come unico argomento la

forza
> militare, la risposta non può essere il radicalismo comportamentale (sono
> più radicale perchè spacco una vetrina). Era d'altronde questa (o

sbaglio?)
> l'elaborazione che aveva portato le ex-tute bianche dopo Genova a divenire
> movimento dei disobbedienti.Teatralizzare il conflitto

(protezioni,armature
> etc.) di fronte ad un avversario che il conflitto lo agisce realmente,

aggredendo
> e sparando nelle piazze, non aveva più senso politico. Occorreva praticare
> la disobbedienza civile, sociale e di massa. Credo fosse un'acquisizione
> importante, anche se, a mio avviso, troppo spesso giocata quasi solo

mediaticamente
> e non come costruzione di conflitto nei territori.
> Bene, credo che le "azioni" del 12 aprile facciano arretrare di un paio
> d'anni questa riflessione politica, rischiando di farla divenire parodia
> (francamente, chi può sostenere che la rottura di una decina di bancomat
> sia la nuova "rivolta dal basso" contro la guerra preventiva permanente?).
>
> Ma ci sono due ulteriori elementi, per cui considero sbagliata quella

scelta.
> Il primo è relativo al fatto che chi teorizza quella scelta, sta

contemporaneamente
> dicendo che l'unità nella radicalità non è più un obiettivo del movimento.
> Dopo vent'anni di ubriacatura neoliberista, in cui ci avevano sempre

spiegato
> che per essere uniti occorreva essere omologhi e moderati, questo

movimento
> ha dimostrato che allarga il suo consenso proprio continuando ad essere
> radicale e plurale. Buttare a mare questa acquisizione non mi sembra un
> grande risultato politico.
> Infine, io credo che, dentro quelle azioni, ci sia una sbagliata idea di
> cosa voglia dire aumentare la radicalità e il conflitto (attenzione, non
> è per me un problema di legalità o illegalità, che sono sempre dei

precipitati
> storici, dunque modificabili). Questo movimento ha bisogno di più

disobbedienza
> ( e la articolazione del trainstopping credo ne sia il miglior risultato)
> praticata da tutti, di più radicalità nei contenuti concreti delle sue
> lotte (dall'estensione dei diritti,alle privatizzazioni,alla

cittadinanza),
> e di più radicamento nei territori.
> Un lavoro lungo e determinato, non la scorciatoia di una vetrina in cui
> specchiarsi narcisisticamente.
>
> Marco Bersani
>
>
>
> ---
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