[ssf] Fw: [verdilombardi-notizie] proposta di legge art. 18

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Author: Patrizio Beraldo
Date:  
Subject: [ssf] Fw: [verdilombardi-notizie] proposta di legge art. 18
consapevole della presenza in lista [ssf] di una serie di contributi e
sollecitazioni riguardanti il referendum sull'art. 18, e premettendo che la
mia personale attenzione e le mie energie sono al momento focalizzate su
altri temi (a mio personale -e non opinabile- giudizio) per me prioritari,
mi permetto di porgere questo contributo.
lo faccio per il solo fatto di considerarlo indispensabile a costruire un
quadro della situazione sul tema che sia il più completo possibile.

non desidero discutere oltre di questo argomento, non avendo il tempo ed il
necessario bagaglio di conoscenze per poterlo fare con la necessaria
cognizione di causa, indispensabile per questo importante e delicato tema.

salute, pace e felicità a tutt*,

            Patrizio.



______________________________________________
----- Original Message -----
From: N.ripamonti@???
Sent: Monday, April 14, 2003 11:13 AM
Subject: [verdilombardi-notizie] proposta di legge art. 18


L'allegato disegno di legge interviene sulla spinosa questione
dell'estensione della giusta causa in materia di licenziamenti individuali
anche per le aziende sotto i 15 dipendenti. Inoltre prevede una
accelerazione delle procedure inerenti i processi del lavoro, una
estensione di alcune tutele anche per i cosiddetti lavoratori atipici
(diritti sindacali ed ammortizzatori sociali) e forme di incentivazione
fiscale (riduzione dell'IRAP per le piccole aziende).

E' un contributo al dibattito suscitato dal referendum sull'art. 18 dello
Statuto dei Lavoratori, ma non solo: se si vuole evitare il Referendum
questo ddl può andare nel verso giusto, se si vuole aspettare il referendum
(nel caso prevalessero i SI) questo ddl già recepirebbe l'espressione
popolare.
Naturalmente può essere utilizzato in questi mesi di campagna referendaria.

cari saluti

Natale Ripamonti

                          SENATO DELLA REPUBBLICA
                              XIV Legislatura



                             DISEGNO DI LEGGE
                    d'iniziativa del senatore RIPAMONTI


                 _________________________________________



ESTENSIONE DEI DIRITTI E DELLE TUTELE DEI LAVORATORI CONTRO I LICENZIAMENTI
INGIUSTIFICATI, INCENTIVI ALL'OCCUPAZIONE E MISURE DI SOSTEGNO AI REDDITI

                 _________________________________________



Onorevoli colleghi,

da tempo tra le parti sociali è aperto un confronto sulla opportunità e
sulle modalità di estensione delle tutele sindacali, sociali e
previdenziali a quelle forme di rapporti di lavoro cosiddette atipiche. Ciò
si è reso necessario in modo particolare dopo l'approvazione della legge
196/97, il cosiddetto pacchetto Treu, che ha molto flessibilizzato il
mercato del lavoro introducendo nuove forme contrattuali, ma è ormai
urgente dopo l'approvazione della legge 30 del 4 febbraio 2003, la
cosiddetta legge Biagi, recante la Delega al Governo per la riforma del
mercato del lavoro, che spinge molto avanti la flessibilità nei rapporti di
lavoro sfociando in rapporti precari e frantumando definitivamente il
mercato del lavoro italiano.

La legge 30/2003 è stata accompagnata da un aspro confronto parlamentare ma
anche da un elevatissimo scontro sociale. La questione dei diritti per i
lavoratori e nel mercato del lavoro è diventata in questi mesi centrale nel
paese, tra le parti sociali, nelle aule parlamentari.
I lavoratori e molti cittadini hanno rifiutato in modo deciso la proposta
del Governo Berlusconi, contenuta nell'AS.848 presentato nel mese di
novembre 2001, tesa a manomettere le tutele in materia di licenziamento
senza giusta causa previste dall'art. 18 della legge 300 del 20 maggio
1970.
Successivamente alla rottura del fronte sindacale che ha portato alla firma
per il Patto per l'Italia, il Governo Berlusconi ha presentato l'AS.
848-bis che prevede la sperimentazione della non applicazione dell'art. 18
per 3 anni alle imprese che assumendo nuovi lavoratori superano la soglia
dei 15 dipendenti. Tale norma appare non solo incostituzionale, perché ai
lavoratori di imprese con lo stesso numero di dipendenti verrebbero
applicate tutele diverse, ma appare anche inefficace per aumentare
l'occupazione e a superare il nanismo del nostro sistema produttivo.
Infatti la maggioranza delle imprese italiane sta sotto i 9 dipendenti e
tra queste la maggioranza è sotto i 5 dipendenti, e quindi non è il limite
dei 15 dipendenti che impedisce alle aziende italiane di crescere.
D'altra parte è difficile accettare il carattere transitorio e provvisorio
di questa sperimentazione, perché nel nostro paese vale sempre la proroga
delle proposte transitorie che alla fine diventano definitive, e
l'esperienza insegna che le modifiche di trattamento per alcune categorie
di lavoratori nel tempo vengono estese a tutti.
L'art. 18 della L. 300/1970 rappresenta l'architrave sulla quale si basa
l'esercizio di altri diritti. Non è solo la possibilità del reintegro nel
posto di lavoro di fronte ad un licenziamento illegittimo sentenziato dal
giudice del lavoro, ma è la condizione per esercitare pienamente altri
diritti di libertà primari, quali la libertà di pensiero, di associazione
sindacale e politica. Garantisce altre forme di tutela quali la dignità e
la sicurezza sul lavoro e permette di opporsi ai soprusi sul posto di
lavoro.
Per contrastare, ma anche per ribaltare la logica tesa a manomettere l'art.
18, e quindi estendere i diritti, è stato indetto un referendum dichiarato
ammissibile dalla Suprema Corte.
Ora il Parlamento ha nuove e rilevanti responsabilità. A fronte del diritto
dei cittadini a esprimersi con il referendum su questa materia, esiste il
dovere del Parlamento a legiferare, non per stravolgere il contenuto del
quesito referendario quanto per recepire tale contenuto attraverso nuove
norme.
Il presente disegno di legge va in questa direzione. E' una opportunità per
l'intero Parlamento di intervenire secondo la richiesta dei cittadini che
hanno promosso il referendum, e quindi evitare la consultazione, ma anche
una proposta di norme che necessariamente dovranno essere discusse ed
approvate dopo l'espressione popolare nel caso prevalessi il SI.

Il Capo I del presente disegno di legge è finalizzato all'estensione dei
diritti previsti dall'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori non solo
alle aziende sotto i 15 dipendenti, bensì anche a tutti quei lavoratori che
oggi non ne beneficiano, con l'obiettivo quindi di estendere in modo
organico e completo i diritti e le tutele necessarie nei confronti di tutti
i lavoratori.
Come è noto, in base alla legislazione vigente, le disposizioni recate
dall'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, limitano alle aziende che
superano la soglia dei 15 dipendenti il diritto al reintegro. L'intenzione
di modificare l'articolo 18, da più parti sostenuta, costituisce un
fondamentale diritto individuale che attiene alla libertà delle persone che
lavorano ovvero la principale applicazione nell'ambito della legislazione
ordinaria del dettato costituzionale contenuto nell'articolo 1 della
Costituzione, secondo il quale la Repubblica è fondata sul lavoro.
Riconoscendo al tema della "giusta causa" e dell'istituto del reintegro in
caso di licenziamento, la valenza di un diritto universalmente
riconosciuto, appare del tutto ingiustificato il mantenimento della
distinzione tra le aziende con più o meno di quindici dipendenti. Essa ha
trovato negli anni la sua principale motivazione nel fatto che costituiva
una sorta di misura di maggior favore per la piccola impresa. Costituiva
cioè una forma di compromesso tra il mondo del lavoro e la piccola impresa.
Il presente disegno di legge riconosce l'importanza di questo rapporto
anche ai fini della prospettive future dell'economia italiana, per questi
motivi, con l'articolo 1 si propone l'abbassamento della soglia di
dimensione d'impresa entro la quale applicare l'istituto del reintegro da
15 a 5 dipendenti, al pari di disposizioni presenti in altri Paesi europei,
quale ad esempio la Germania.
Con il comma 2 dell'articolo 1 si provvede di sopprimere i residui
normativi che ancora individuano un'area di tutela solo risarcitoria, con
esclusione della reintegra, ossia l'area delle unità produttive e delle
imprese di dimensioni occupazionali interiori e degli enti senza fini di
lucro: l'asse portante della riforma proposta, tendente ad evitare la prova
referendaria è, infatti, l'estensione a tutti i lavoratori di qualifica non
dirigenziale della tutela reale di reintegra, salvo ormai ridottissime
eccezioni indicate all'articolo 2 (lavoratori domestici e lavoratori che
abbiano raggiunto il massimo dell'anzianità pensionabile e l'età per la
pensione di vecchiaia).

In base alla disciplina vigente il sistema sanzionatorio dell'articolo 18
dello Statuto dei lavoratori si applica, però, solo nelle unità produttive
con più di quindici addetti (o, comunque, nelle imprese con più di sessanta
addetti). Per i lavoratori impiegati in imprese con meno di sedici addetti
è previsto per i casi di licenziamento ingiustificato un diverso apparato
sanzionatorio che è quello di cui all'articolo 8 della legge 15 luglio
1966, n. 604, come sostituito dall'articolo 2 della legge 11 maggio 1990,
n. 108.
Anche il citato articolo 8 della legge n. 604 del 1966, e successive
modificazioni, prevede che il giudice il quale ritenga ingiustificato il
licenziamento condanni il datore di lavoro alla riassunzione del
lavoratore, seppur con effetto irretroattivo, ma poi, nel caso in cui la
riassunzione non avvenga, non è prevista la continuità giuridica del
rapporto, ma soltanto il risarcimento del danno che può risolversi in un
piccolo indennizzo forfetario di importo compreso tra le 2,5 e le 6
mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto.
Una simile sanzione, oltre che modesta, è anche prevedibile nella sua
concreta quantificazione e, pertanto, non esercita quell'efficacia
dissuasiva nei confronti del datore di lavoro tale da liberare i lavoratori
da timori di rappresaglia, né costituisce un incentivo sufficiente per
indurre lo stesso datore di lavoro alla riassunzione.
Per conferire un reale effetto deterrente alle previsioni del citato
articolo 8 della legge n. 604 del 1966, e successive modificazioni, è
sufficiente applicare il regime civilistico in materia di risarcimento del
danno, facendo di esso la "conseguenza ulteriore" del mancato rispetto, da
parte del datore di lavoro, della sentenza di condanna alla riassunzione. E
poiché la mancata riassunzione significa, nel sistema dell'articolo 8 della
legge n. 604 del 1966, e successive modificazioni, la definitiva perdita
del posto di lavoro e del reddito, il danno da risarcire al lavoratore è un
tipico "danno futuro", ossia la proiezione nel futuro delle conseguenze
dannose legate alla perdita del lavoro, di una lesione già attuale
costituita dalla mancata riassunzione in spregio alla sentenza di condanna.
Il nostro ordinamento giuridico consente al giudice di liquidare il danno
futuro attualizzandolo e procedendo alla sua quantificazione secondo
criteri probabilistici di media sociale, e, dunque, tutt'altro che
arbitrari, ma fondati sull'esperienza comune.
La presente proposta di legge, con l'articolo 5 prevede appunto nel nuovo
testo dell'articolo 8 della legge n. 604 del 1966, che il giudice che
ritenga ingiustificato il licenziamento, oltre a condannare il datore di
lavoro alla riassunzione del lavoratore, determini anche il danno (futuro)
dovutogli in caso di mancato adeguamento del datore di lavoro, e poiché il
danno di cui si tratta è quello della perdita dell'occupazione, esso va
commisurato alla probabilità e ai tempi di reperimento di una nuova
occupazione, su cui incidono, secondo l'esperienza sociale, fattori quali
l'età, il sesso, la qualifica professionale, il livello di scolarità e le
condizioni del mercato del lavoro locale, che vengono assunti dalla norma
quali criteri di valutazione ai quali il giudice deve attenersi a
motivazione della sua pronunzia. Altra componente del danno risarcibile
sono le conseguenze ulteriori, che possono variare da caso a caso, della
perdita del reddito lavorativo.
Si ha così una "personalizzazione" del risarcimento, che è intrinsecamente
giusta, perché difende al massimo i soggetti più deboli sul mercato del
lavoro, quelli per cui l'ingiustificato licenziamento costituisce un
autentico dramma esistenziale, per l'impossibilità o strana difficoltà di
reperire altra occupazione.
Il risarcimento sarà, com'è ovvio, molto più contenuto per i lavoratori
"forti" (quelli cioè più richiesti dal mercato del lavoro), e anche questo
è giusto, ma, allo scopo di lasciar sussistere comunque una sanzione per
l'illegittimità del licenziamento, il progetto prevede un minimo
risarcitorio pari a 5 mensilità.
Si prevede, infine, un temperamento della disciplina reso necessario dalla
grande diversificazione nella redditività, nella patrimonializzazione e
capacità di pagare delle piccole imprese, temperamento costituito dalla
previsione di un massimale (o "tetto") di danno risarcibile (pari
all'importo di 15 mensilità) per i datori di lavoro non imprenditori o
imprenditori che comprovino in giudizio (e ovviamente in contraddittorio)
di aver realizzato nell'ultimo anno un fatturato non superiore a 250.000
euro.

Con l'articolo 6 del presente provvedimento si estendono i diritti
sindacali previsti dal titolo III dello Statuto dei lavoratori anche ai
lavoratori delle imprese fino a cinque dipendenti; di rilievo il fatto che
al comma 2 dell'articolo 2, l'estensione dei diritti sia prevista anche a
favore dei lavoratori cosiddetti atipici.

Con il Capo II del presente disegno di legge si intende inoltre garantire
celerità e certezza alla soluzione delle controversie che riguardano i
licenziamenti, i trasferimenti e l'apposizione del termine, cioè a tutti
gli ambiti che condividono la comune matrice della messa in pericolo del
posto di lavoro. L'intento è quello di fornire una risposta coerente ad un
problema sempre più condiviso: il posto di lavoro è un bene da proteggere
ed è un bene "deteriorabile"; la reintegrazione è, pertanto, sempre più
difficile quanto più tempo passa dal licenziamento.
Il principio fondamentale contenuto dalle norme del capo II del presente
disegno di legge consiste nel ritenere il diritto alla conservazione del
rapporto di lavoro un diritto fondamentale della persona ai sensi
dell'articolo 2 della Costituzione.
L'urgenza del recupero di funzionalità del processo del lavoro ci induce,
pertanto, ad un intervento normativo con riferimento alle controversie che
trattano i momenti più delicati e critici del rapporto di lavoro. Al fine
del bilanciamento degli opposti interessi - del lavoratore alla
conservazione del posto, del datore di lavoro all'organizzazione dello
stesso - si provvede a ridisegnare la tutela reintegratoria contro il
licenziamento ingiustificato nelle forme di un'azione tipica urgente a
cognizione sommaria, in modo da impedire a dette azioni una durata
ragionevole. A tal fine la celerità al giudizio viene resa mediante una
procedura d'urgenza, con la conseguenza di escludere queste controversie
dalla procedura preventiva obbligatoria di conciliazione. Pertanto la
procedura di conciliazione ed arbitrato, così come prevista dall'articolo 7
dello statuto dei lavoratori, viene affiancata da una speciale procedura
d'urgenza che si estende anche a risolvere alcuni nodi interpretativi in
materia di risarcimento del danno e di ripetibilità o meno delle somme
percepite dal lavoratore, escludendo l'obbligo di conciliazione preventiva.
La procedura d'urgenza si applica anche all'accertamento della legittimità
del termine apposto al contratto di lavoro, alle controversie in materia di
trasferimenti di cui all'articolo 2103 del codice civile e alle
controversie individuali in materia di trasferimento d'azienda o di suo
ramo di cui all'articolo 2112 del codice civile.
Il termine per l'impugnazione, a pena di decadenza, è di 120 giorni. Detto
termine viene espressamente previsto anche in caso di nullità del
licenziamento. La competenza è del Tribunale. L'ordinanza diventa
irrevocabile in mancanza di reclamo in Appello. Successivamente si passa al
giudizio di legittimità in Cassazione.
Elemento qualificante è la predisposizione di una misura coercitiva di
carattere pecuniario che preveda la destinazione delle somme corrisposte o
da corrispondere al lavoratore, ad esempio nel periodo che intercorre tra
il provvedimento di condanna e la sentenza di riforma.

Il Capo III reca norme in materia di incentivi all'occupazione e
agevolazioni fiscali a favore delle piccole e medie imprese. In un mercato
del lavoro in cui la mobilità lavorativa si caratterizza ormai come un
aspetto fisiologico e non come un'evenienza eccezionale, non si può
continuare a concepire gli ammortizzatori sociali esclusivamente in
funzione di eventi a carattere eccezionale. Ciò richiede che il
funzionamento dei nuovi ammortizzatori sia strettamente integrato con i
servizi all'impiego e con la formazione continua, in modo da realizzare una
tutela attiva della continuità del reddito, che abbia caratteristiche di
adeguatezza temporaneità, economicità, finalizzazione al mantenimento e al
miglioramento della capacità professionale e alla rioccupazione produttiva.
Il disegno di legge interviene poi (art.15) anche in materia di
disposizioni fiscali a favore delle piccole aziende per costruire una nuovo
terreno di mediazione fra le ragioni dell'impresa, fra le loro esigenze di
sviluppo, e i diritti delle persone che lavorano.
L'art.15 provvede ad affidare, data la complessità della materia, una
delega al Governo affinchè preveda una deduzione della base imponibile IRAP
dai costi relativi al personale assunto con contratto di lavoro a tempo
indeterminato, per i datori di lavoro che occupano fino a quindici
prestatori d'opera. Si tratta di premiare la buona occupazione perchè di
mano d'opera qualificata ha necessità la piccola impresa e non di politiche
di generico sgravio fiscale.
Partire da una rivisitazione dell'IRAP, cambiare l'ottica di riferimento,
far crescere la piccola impresa e con essa la capacità produttiva del Paese
e su questa base costruire un percorso nuovo e diverso con il mondo
dipendente, in cui l'estensione delle tutele per i lavoratori dipendenti e
la lotta all'economia sommersa e al lavoro nero non siano vissute come
aspetti contraddittori o come il perpetuarsi della lotta fra capitale e
lavoro. Questa è un'occasione che ci viene offerta dalla base produttiva
del nostro Paese e che presenta l'originalità dell'impresa artigiana
diffusa, in cui il proprietario è un mix di imprenditore e di lavoratore,
per sperimentare nuove ed innovative relazioni sindacali.

Il Capo IV contiene una riforma organica degli ammortizzatori sociali e
introduce nuove forme di sostegno al reddito con l'obiettivo di disegnare
un sistema di tutele attive dell'occupazione e del reddito, mediante
strumenti che soddisfino i bisogni di protezione di tutti i lavoratori, non
solo di quelli subordinati. L'urgenza di affrontare il tema degli
ammortizzatori sociali si lega alla centralità che esso riveste
nell'attuale momento sindacale e alla necessità di contrapporre una
organica riforma alle proposte del Governo presentate con il citato ddl
848-bis che sono del tutto inadeguate nei contenuti, nell'estensione e
nelle risorse finanziarie stanziate.

Infine, con il Capo V si provvede alla copertura finanziaria degli oneri
derivanti dall'attuazione degli interventi disciplinati con il presente
disegno di legge che sono stimati nell'ammontare di 2500 milioni di euro
per ciascun anno del triennio 2003-2005






                             DISEGNO DI LEGGE


                                  CAPO I
    NORME A TUTELA DEI LAVORATORI CONTRO I LICENZIAMENTI INGIUSTIFICATI



                                   Art.1
      (Estensione delle tutele contro i licenziamenti ingiustificati)


1. All'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive
modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, al primo periodo, le parole da: "più di quindici"
fino a: "imprenditore agricolo" sono sostituite dalle seguenti: "più di
cinque prestatori di lavoro";
b) al primo comma, secondo periodo, le parole da: "quindici dipendenti"
a: "occupano più di" sono soppresse;
c) al secondo comma, primo periodo, dopo la parola: "parziale", le
parole: ", per la" sono sostituite dalle seguenti: ". Si computano altresì
i lavoratori assunti con i seguenti contratti: a termine, di lavoro
interinale, di apprendistato e di collaborazione coordinata e continuativa.
Tale computo avviene in base alla".

2. Sono abrogati l'articolo 2, comma 1, e l'articolo 4 della legge 11
maggio 1990, n.108.


                                    Art.2
        (Ambito di applicazione dell'articolo 18 della legge 20 maggio
                                1970,n.300)


1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 3 della Legge 11 maggio
1990 n.108, il disposto dell'articolo 18 Legge 20 maggio 1970, n.300 non
trova applicazione nei rapporti disciplinati dalla legge 2 aprile 1958, n.
339 e nei confronti dei lavoratori ultrasessantacinquenni che abbiano
maturato almeno 40 anni di anzianità pensionistica."


                                   Art.3
                      (Licenziamento discriminatorio)


1.     Il licenziamento determinato da ragioni discriminatorie ai sensi
dell'articolo 4 della legge 15 luglio 1996, n. 604 e dell'articolo 15 della
legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificato dall'articolo 13 della legge
9 dicembre 1977, n. 903, è nullo indipendentemente dalla motivazione
addotta e comporta, quale che sia il numero dei dipendenti occupati dal
datore di lavoro, le conseguenze previste dall'articolo 18 della legge 20
maggio 1970, n. 300, come modificato dalla presente legge. Tali
disposizioni si applicano anche ai dirigenti.
2.     Con riguardo a tutti i licenziamenti di cui al comma 1, quando il
ricorrente fornisce elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere
statistico, idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, la
presunzione del carattere discriminatorio del licenziamento intimato,
spetta al convenuto l'onere della prova sulla insussistenza della
discriminazione.




                                   Art.4
                 (Istanza di risarcimento per equivalente)


1.     Fermi gli effetti della sentenza e dell'ordine di reintegra di cui
ai commi 1 e 4 dell'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n.300 e salva
altresì la facoltà del lavoratore di richiedere l'indennità di cui al comma
4 dello stesso articolo 18, il datore di lavoro, imprenditore o non
imprenditore, il quale occupi non più di cinque prestatori di lavoro può,
con ricorso al medesimo giudice che ha emanato la sentenza, chiedere di
sostituire l'ordine di reintegra con un risarcimento per equivalente della
perdita del posto di lavoro, non oltre sessanta giorni dalla lettura del
dispositivo.
2.     L'istanza di cui al comma 1 comporta rinunzia alla impugnazione
della sentenza che ha annullato il licenziamento o ne ha dichiarato la
nullità o l'inefficacia.
3.     L'udienza di discussione dell'istanza di cui al comma 1, proposta
con ricorso ex articolo 414 c.c. deve essere fissata senza ritardo, con
priorità nella trattazione rispetto alle altre controversie, e i termini di
cui all'articolo 415, quinto comma, c.c. sono ridotti della metà. Con
l'effettivo pagamento della somma liquidata dal giudice nel dispositivo di
sentenza, aumentata dell'indennità di mancato preavviso, il rapporto di
lavoro di estingue e l'ordine di reintegra cessa di produrre effetti.




                                   Art.5
(Modifica dell'articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, in materia di
    tutela contro i licenziamenti ingiustificati nelle piccole imprese)


1. L'articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come sostituito
dall'articolo
2, comma 3, della legge 11 maggio 1990, n. 108, è sostituito dal
seguente:
<<Art. 8. - 1. Quando risulti accertato che non ricorrono gli estremi
del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, il datore di
lavoro è tenuto a riassumere il prestatore di lavoro entro tre giorni o, in
mancanza, a risarcirgli il danno futuro derivante dalla perdita del posto
di lavoro, come determinato dal giudice nella medesima sentenza.
2. Ai fini della liquidazione del danno futuro, si ha comunque riguardo
all'età, al sesso, alla qualifica professionale, al livello di scolarità,
alle condizioni del mercato del lavoro locale, e ad ogni altra circostanza
incidente sulle probabilità e sui tempi di reperimento di una nuova
equivalente occupazione, nonché alle conseguenze dell'interruzione del
reddito lavorativo in relazione alle condizioni personali e familiari del
lavoratore.
3. Il risarcimento non può, comunque, essere inferiore, nel minimo,
all'importo di cinque mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto.
4. Il risarcimento non può, altresì, superare un importo pari alle
quindici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto quando si
tratti di datore di lavoro non imprenditore, o di imprenditore che comprovi
di avere realizzato, nell'ultimo esercizio annuale, un fatturato non
superiore a 250.000 euro.


                                   Art.6
                    (Estensione dei diritti sindacali)


1. All'articolo 35, primo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, e
successive modificazioni, le parole da: "o reparto" fino a: "alle imprese
agricole" sono sostituite dalle seguenti: ", reparto autonomo o impresa
agricola".
2. Le disposizioni di cui al primo comma dell'articolo 35 della legge 20
maggio 1970, n. 300, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si
applicano altresì ai lavoratori assunti con i contratti di cui al secondo
comma, secondo periodo, dell'articolo 18 della citata legge n. 300 del
1970, come modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera c), della presente
legge.




                                  CAPO II


DISPOSIZIONI IN MATERIA DI CONTROVERSIE SUI LICENZIAMENTI, TRASFERIMENTI E
                          APPOSIZIONE DI TERMINI



                                  Art. 7
                         (Ambito di applicazione)


1.     La disciplina di cui al presente titolo si applica:
a)     alle controversie aventi ad oggetto l'impugnativa di licenziamenti,
anche qualora presuppongano la risoluzione di questioni relative alla
qualificazione del rapporto di lavoro, ovvero alla legittimità del termine
apposto al contratto;
b)     alle controversie in materia di trasferimenti di cui all'articolo
2103 e dell'articolo 2112 del codice civile.



                                  Art. 8
                   (Procedimento sommario ed ordinario)


1.     Con riguardo alle controversie di cui all'articolo 7, la domanda si
propone con ricorso al tribunale in funzione di giudice del lavoro.
2.     Il giudice, convocate le parti, omessa ogni formalità non essenziale
al contraddittorio, procede, nel modo che ritiene più idoneo allo scopo
urgente del procedimento, all'acquisizione ed alla valutazione degli
elementi di prova relativi ai fatti allegati, e provvede con ordinanza
all'accoglimento o al rigetto della domanda.
3.     Ove la domanda sia proposta ai sensi degli articoli 414 e seguenti
del codice di procedura civile, il giudice, anche d'ufficio, dispone con
ordinanza che la causa prosegua ai sensi del comma 2.
4.     Il giudice adito in via sommaria, ove rilevi che la causa deve
essere trattata secondo le forme ordinarie, dispone con ordinanza il
mutamento di rito per la prosecuzione del processo ai sensi degli articoli
414 e seguenti del codice di procedura civile.
5.     Nelle controversie in materia di licenziamento l'onere della prova
relativa al numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro grava su
quest'ultimo. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 5 della legge 15
luglio 1966, n.604.



                                   Art.9
                      (Reclamabilità dell'ordinanza)


1.     Contro l'ordinanza di cui al comma 2 dell'articolo 8 è ammesso
ricorso alla sezione lavoro della Corte d'appello, nelle forme di cui
all'articolo 414 e seguenti del codice di procedura civile, entro il
termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione alle parti
dell'ordinanza stessa. La mancata proposizione dell'opposizione rende
immutabile l'ordinanza.



                                  Art. 10
        (Penale per il ritardo nella reintegrazione del lavoratore)


1.     Il giudice con la sentenza o l'ordinanza con cui dichiara inefficace
il licenziamento ai sensi dell'articolo 2 della legge 15 luglio 1966, n.
604, e successive modificazioni, o annulla il licenziamento intimato senza
giusta causa o giustificato motivo, ovvero ne dichiara la nullità a norma
della legge stessa, contestualmente all'obbligo di reintegrazione del
lavoratore nel posto di lavoro, determina la somma dovuta dal datore di
lavoro per l'eventuale ritardo nell'esecuzione del provvedimento, entro il
limite massimo di quattro retribuzioni globali di fatto giornaliere ed il
limite minimo di due retribuzioni globali di fatto giornaliere per ogni
giorno di ritardo, tenuto conto delle dimensioni dell'organizzazione
produttiva.
2.     Il lavoratore può chiedere, con ricorso al giudice che ha ordinato
la reintegrazione, la liquidazione della somma dovuta. L'onere della prova
dell'effettiva reintegrazione grava sul datore di lavoro. Il giudice
provvede nelle forme di cui al primo comma dell'articolo 669-sexies del
codice di procedura civile e decide con ordinanza con la quale liquida le
spese del procedimento; il provvedimento è immediatamente esecutivo e
contro lo stesso è ammesso reclamo a norma dell'articolo 669-terdecies del
codice di procedura civile.
3.     Le somme corrisposte o ancora da corrispondere al lavoratore ai
sensi dei commi 1 e 2 sono irripetibili dal datore di lavoro in caso di
riforma del provvedimento con cui è stata ordinata la reintegrazione. In
tal caso, il lavoratore trattiene solo la somma corrispondente alla
retribuzione per il periodo intercorso tra il provvedimento di condanna
alla reintegrazione ed il provvedimento di riforma. le ulteriori somma
percepite o da percepire sono devolute al Fondo per l'occupazione, di cui
all'articolo 1, comma 7 della legge 19 luglio 1993, n.236.
4.     In caso di riforma del provvedimento dichiarativo dell'illegittimità
del trasferimento, il lavoratore è tenuto a restituire le somme già
percepite ai sensi dei commi 1 e 2.



                                  Art. 11
  (Modifiche ed integrazioni all'articolo 18 della legge 20 maggio 1970,
                                  n.300)


1.     L'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n.300 è così modificato:
a)     nel primo comma, dopo le parole: "il giudice con", sono aggiunte le
seguenti parole: "l'ordinanza o";
b)     nel quarto comma, dopo le parole: " il giudice con", sono aggiunte
le seguenti parole: "l'ordinanza o";
c)     nel quinto comma, dopo la parola: "deposito", sono aggiunte le
seguenti parole: "dell'ordinanza o";
d)     nel sesto comma, dopo le parole: "la sentenza," sono aggiunte le
seguenti parole: "l'ordinanza o"




                                  Art.12
       (Inapplicabilità del tentativo obbligatorio di conciliazione)


1.     Alle controversie instaurate ai sensi degli articoli 8 e 9 non si
applica l'articolo 410 del codice di procedura civile.
2.     L'articolo 5 della legge 11 maggio 1990, n.108 è abrogato



                                  Art. 13
           (Termine di decadenza e priorità delle controversie)


1.     Il primo comma dell'articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n.604 è
sostituito dal seguente: <<1. Il licenziamento deve essere impugnato a pena
di decadenza entro centoventi giorni dalla ricezione della sua
comunicazione, ovvero dalla comunicazione dei motivi ove non contestuale,
con ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale in funzione di
giudice del lavoro>>
2.     Il termine di decadenza di cui al comma 1 decorre da ogni altro atto
o fatto che manifesti l'inequivoca intenzione del datore di lavoro di porre
fine al rapporto di lavoro.
3.     Le controversie, sommarie o ordinarie, relative ai licenziamenti
devono essere trattate dal giudice con priorità, con la sola eccezione dei
procedimenti cautelari e di quelli previsti dall'articolo 28 della legge 20
maggio 1970, n.300. L'inosservanza, senza giustificato motivo, delle
disposizioni di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare.
4.     La tempestiva trattazione e conclusione delle controversie relative
a provvedimenti di cui al comma 3 è assicurata dai responsabili degli
uffici anche con apposite misure organizzative.



                                 CAPO III


  INCENTIVI ALL'OCCUPAZIONE E AGEVOLAZIONI FISCALI A FAVORE DELLE PICCOLE
                                  IMPRESE


                                  Art.14
                   (Disposizioni in materia di incentivi
                    all'occupazione e all'autoimpiego)


1. Per le finalità di promozione dell'occupazione stabile e regolare, lo
Stato e le regioni, nell'esercizio delle rispettive potestà legislative e
regolamentari, possono riconoscere ai datori di lavoro e ai lavoratori
apposite incentivazioni all'espansione occupazionale e all'autoimpiego,
sotto forma di sgravi contributivi, finanziamenti agevolati, crediti
d'imposta, forme d'imposizione negativa sul reddito, prestazioni di
garanzie per l'accesso al credito, deduzioni dal reddito imponibile.
2. Gli incentivi e le agevolazioni di cui al comma 1 devono essere
prioritariamente orientati a favorire:
a) l'instaurazione di rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato
o a tempo determinato di durata superiore a dodici mesi, con persone in
situazione di difficoltà occupazionale, quali in particolare inoccupati e
disoccupati da più di un anno, inoccupati di età inferiore a 26 anni,
disoccupati di età superiore a 45 anni, inoccupati e disoccupati
precedentemente impegnati in lavoro di cura di familiari, disabili gravi o
minori di anni 12 o per gravi motivi di famiglia, immigrati regolari,
disabili gravi;
b) l'instaurazione di rapporti di lavoro subordinato con finalità
formativa;
c) l'emersione del lavoro non dichiarato o irregolare, inerente sia a
datori di lavoro non dichiarati, sia a rapporti di lavoro non dichiarati o
irregolari, ma instaurati con datori di lavoro dichiarati;
d) l'intrapresa di attività di lavoro autonomo o di attività
imprenditoriali;
e) la continuità operativa e gestionale delle piccole e medie imprese,
attraverso forme di apprendistato o tirocinio idonee ad agevolare il
subentro di familiari o collaboratori nell'esercizio dell'impresa;
f) il ricorso a prestazioni di lavoro a tempo parziale su base volontaria,
con particolare riferimento alle ipotesi di espansione della base
occupazionale dell'impresa o di impiego di giovani impegnati in percorsi di
istruzione e formazione, di genitori con figli minori, di lavoratori con
età superiore a 55 anni, nonché la trasformazione a tempo parziale di
contratti a tempo pieno che intervenga in alternativa all'avvio di
procedure di riduzione di personale.

3. Fatte salve le competenze delle regioni in materia di previdenza
integrativa e complementare, nonché quelle attinenti a tributi propri delle
stesse regioni, con riferimento alle misure di incentivazione consistenti
in agevolazioni di carattere previdenziale o tributario, le disposizioni
legislative e regolamentari adottate a tal fine dallo Stato devono
prevedere, attraverso specifiche norme di coordinamento:
a) l'integrazione del sistema di incentivi statale con le politiche locali
di sviluppo e di incentivazione dell'occupazione;
b) il collegamento con la disciplina della verifica dello stato di
inoccupazione o disoccupazione e con la disciplina delle relative sanzioni;
c) il collegamento con le misure di tutela attiva del lavoro e del reddito
di cui al capo IV, e con le disposizioni legislative inerenti i diritti di
sicurezza sociale in materia di sostegno e integrazione del reddito, in
quanto orientate a favorire la tutela attiva del lavoro.
4. Le disposizioni di incentivazione all'occupazione e allo sviluppo
adottate con leggi e regolamenti regionali, nell'ambito della potestà
concorrente di cui all'articolo 117 della Costituzione, sono determinate
nel rispetto dei princìpi fondamentali stabiliti o desumibili dalla
legislazione statale vigente, delle competenze legislative statali in
materia di immigrazione, tutela della concorrenza, perequazione delle
risorse finanziarie, nonché nel rispetto dei vincoli posti dall'articolo
120 della Costituzione.


                                  Art.15
                     (Riduzione dell'imposta regionale
                        sulle attività produttive)


1. Il Governo è delegato ad adottare su proposta del Ministro dell'economia
e delle finanze, entro un anno dalla data di entrata in vigore della
presente legge, uno o più decreti legislativi per la riduzione dell'imposta
regionale sulle attività produttive (IRAP) per i soggetti passivi che
occupano fino a quindici prestatori di lavoro, sulla base dei seguenti
princìpi e criteri direttivi:
a) deduzione dei conti relativi al personale assunto con contratto di
lavoro a tempo indeterminato;
b) per il computo del numero dei prestatori di lavoro si tiene conto anche
dei lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro, dei lavoratori
assunti con contratto a tempo indeterminato parziale, per la quota di
orario effettivamente svolto, considerando, a tale proposito, che il
computo delle unità lavorative fa riferimento all'orario previsto dalla
contrattazione collettiva del settore; non si computano il coniuge ed i
parenti del datore di lavoro entro il secondo grado in linea diretta e in
linea collaterale.
2. Nel documento di programmazione economico-finanziaria sono indicate
annualmente le variazioni dell'ammontare delle entrate connesse con la
riduzione dell'IRAP e con legge finanziaria, ai sensi dell'articolo 11,
comma 3, lettera b), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive
modificazioni, vengono stabilite le misure che incidono sulla
determinazione quantitativa della prestazione dovuta ai fini IRAP.
3. Gli schemi dei decreti legislativi adottati ai sensi del presente
articolo, ciascuno dei quali deve essere corredato di relazione tecnica
sugli effetti finanziari delle disposizioni in esso contenute, sono
trasmessi alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle
Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di
carattere finanziario; i pareri delle Commissioni parlamentari sono resi
entro trenta giorni dalla data di trasmissione dei medesimi schemi di
decreto.


                                  CAPO IV
                 ESTENSIONE DEGLI  AMMORTIZZATORI SOCIALI


                                 Art. 16.
                      (Trattamento di disoccupazione)


1. L'indennità di disoccupazione involontaria spetta a tutti i prestatori
di lavoro subordinato.
2. La durata del trattamento di disoccupazione è di 12 mesi, elevati a 16
per i lavoratori che hanno compiuto i 45 anni e a 20 per i lavoratori che
hanno compiuto i 50 anni. Nei territori con tasso di disoccupazione
superiore alla media nazionale essa è elevata, rispettivamente, a 14, 20 e
24 mesi.
3. L'indennità di disoccupazione è pari al 60 per cento della retribuzione
media giornaliera assoggettata a contribuzione nei 12 mesi precedenti. Il
trattamento si intende inclusivo dei contributi figurativi corrispondenti.
4. La misura di cui al comma 3 si riduce al 40 per cento dopo il dodicesimo
mese e al 30 per cento dopo il sedicesimo mese. La predetta riduzione non
opera qualora siano presenti nel nucleo familiare, sulla base della
certificazione anagrafica, figli minori o studenti regolarmente iscritti a
corsi di formazione professionale, di diploma o di laurea ovvero nel caso
in cui l'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) del
lavoratore non sia superiore a quello previsto per l'erogazione del reddito
minimo di inserimento.
5. L'indennità spetta se il lavoratore possa far valere almeno 2 anni di
assicurazione e almeno 52 contributi settimanali nel biennio precedente
l'inizio del periodo di disoccupazione.
6. Il contributo che il datore di lavoro è tenuto a versare per
l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria è pari
all'1,61 per cento.
7. Il prestatore di lavoro subordinato è tenuto a versare alla Gestione
prestazioni temporanee dell'Istituto nazionale della previdenza sociale
(INPS) un contributo pari allo 0,30 per cento. È corrispondentemente
soppresso il contributo dovuto dal lavoratore ai sensi dell'articolo 9
della legge 29 dicembre 1990, n. 407.
8. Il contributo a carico del datore di lavoro è aumentato dell'1 per cento
in caso di rapporti di lavoro di durata determinata.
9. In caso di licenziamento individuale, per giustificato motivo oggettivo
ovvero di dimissioni per giusta causa, intervenuti dopo il superamento del
periodo di prova, il datore di lavoro è tenuto a versare alla Gestione
prestazioni temporanee dell'INPS una somma pari a 2 mensilità del
trattamento di disoccupazione, al lordo dei contributi previdenziali a
carico del datore di lavoro. La somma è pari a 6 mensilità in caso di
licenziamento per riduzione del personale, riducibile a 2 nel caso in cui
la procedura di mobilità si sia conclusa con un accordo collettivo che
abbia introdotto un piano sociale d'impresa o di gruppo.
10. Costituisce presupposto per l'erogazione dell'indennità lo stato di
disoccupazione di cui al decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181,
causato da licenziamento, individuale o per riduzione di personale, da
dimissioni per giusta causa ovvero dalla scadenza del termine apposto alla
durata del contratto.
11. La lettera di dimissioni volontarie è priva di effetto, se non
convalidata, durante il periodo di preavviso, dai servizi ispettivi della
direzione provinciale del lavoro, competente per territorio. Al termine del
periodo di preavviso il rapporto di lavoro si risolve, tranne nel caso di
mancata convalida. Il datore di lavoro che nei successivi 3 mesi proceda al
licenziamento individuale, per giusta causa o per giustificato motivo
soggettivo o oggettivo, del medesimo lavoratore è tenuto a versare alla
Gestione prestazioni temporanee dell'INPS una somma pari a 6 mensilità del
trattamento di disoccupazione.
12. In applicazione della disciplina di cui al decreto legislativo 21
aprile 2000, n. 181, decade dal diritto al trattamento di disoccupazione il
prestatore di lavoro che, senza giustificato motivo, non risponda alla
convocazione dei servizi all'impiego, non accetti di frequentare o non
frequenti regolarmente iniziative formative prospettategli dai predetti
servizi, non accetti una congrua offerta di lavoro ovvero non aderisca a
iniziative di inserimento lavorativo.
13. L'erogazione del trattamento di disoccupazione è sospesa nei periodi in
cui viene svolta un'attività di lavoro a termine subordinato, autonomo o
economicamente dipendente, intendendo per tale quello di cui all'articolo
18, comma 1, che garantisca un reddito mensile, rapportato a giornata,
almeno pari al trattamento di disoccupazione. In caso contrario, il
trattamento viene ridotto proporzionalmente.
14. Decade dal diritto al trattamento di disoccupazione il prestatore di
lavoro che svolga attività di lavoro subordinato, autonomo o economicamente
dipendente senza averne data preventiva comunicazione alla sede provinciale
dell'INPS.
15. Sono abrogate le disposizioni contrastanti in materia di disoccupazione
ordinaria, di disoccupazione speciale, di indennità di mobilità. Tale
abrogazione non produce effetti sui trattamenti già in godimento al momento
di entrata in vigore della presente legge, nonchè su quelli dovuti a
seguito di procedure di mobilità già instaurate alla predetta data.

                                 Art. 17.
    (Trattamento di disoccupazione a requisiti ridotti per i lavoratori
                         subordinati discontinui)


1. Il requisito di anzianità lavorativa previsto dall'articolo 7, comma 3,
del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni,
nella legge 20 maggio 1988, n. 160, è ridotto a 70 giorni e trova
applicazione nei confronti di tutti i lavoratori subordinati, ivi compresi
i lavoratori agricoli a tempo determinato.
2. Ai fini della maturazione del diritto al trattamento di cui al presente
articolo si prescinde dal requisito della anzianità assicurativa.
3. Il trattamento non spetta quando, nell'anno in relazione al quale si
chiede il trattamento, non risulti accertato lo stato di disoccupazione, ai
sensi del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, per tutte le giornate
non lavorate, ad esclusione dei giorni festivi.
4. Il trattamento spetta fino a concorrenza di un reddito familiare pari a
euro 16.000 calcolato in base all'ISEE. Detta soglia di reddito è
annualmente aggiornata sulla base della variazione media fatta registrare
nell'anno precedente dall'indice ISTAT dei prezzi al consumo per la
collettività nazionale.

                                 Art. 18.
(Trattamento di disoccupazione per i lavoratori economicamente dipendenti)


1. Ai lavoratori che svolgono rapporti di collaborazione aventi a oggetto
una prestazione d'opera coordinata e continuativa, prevalentemente
personale, svolta senza vincolo di subordinazione, iscritti alla Gestione
separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n.
335, e privi di copertura da parte di altre forme obbligatorie di
previdenza, si applicano le disposizioni della assicurazione contro la
disoccupazione involontaria, come modificate dagli articoli 16 e 17 e dal
presente articolo.
2. La durata del rapporto e l'ammontare del corrispettivo sono determinati
nel contratto di lavoro o nella lettera di incarico o in altro documento
scritto trasmesso dal committente, anche per il tramite del prestatore di
lavoro, ai servizi per l'impiego competenti al momento di inizio
dell'attività lavorativa.
3. Qualora il compenso previsto, su base mensile, risulti inferiore al
minimale di reddito mensile stabilito per la gestione degli esercenti
attività commerciali ai fini previdenziali, la durata viene riproporzionata
sulla base del rapporto tra il compenso pattuito e l'importo del predetto
minimale.
4. Costituisce presupposto per l'erogazione dell'indennità lo stato di
disoccupazione di cui al decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181,
causato da recesso del committente, da recesso per giusta causa del
prestatore di lavoro, ovvero dalla scadenza del termine apposto alla durata
del contratto.


                                 Art. 19.
  (Trattamento in caso di sospensione del rapporto di lavoro subordinato)


1. La disciplina della cassa integrazione guadagni, ordinaria e
straordinaria, è estesa a tutti i rapporti di lavoro subordinato alle
dipendenze di imprese private.
2. Ferma restando la disciplina vigente in materia di causali di accesso e
di durata, al trattamento di cassa integrazione guadagni, ordinaria e
straordinaria, si applica quanto previsto all'articolo 16, commi 3 e 4.
3. Il prestatore di lavoro non può ricevere indennità di disoccupazione e
indennità di cassa integrazione guadagni per una durata complessivamente
superiore a 30 mesi nell'arco di un quinquennio.
4. I trattamenti di integrazione salariale non possono essere erogati a
beneficio di imprese che non predispongano un piano sociale che preveda
interventi, quali l'introduzione di regimi flessibili degli orari, e che
non abbiano esperito il tentativo di stipulare contratti di solidarietà
difensivi. I suddetti trattamenti non possono essere erogati a favore di
lavoratori che, durante la sospensione del lavoro, non siano disponibili a
partecipare a iniziative di formazione o di riqualificazione professionale
ovvero impegnati in attività di utilità sociale, secondo quanto previsto
dalla legge 8 novembre 2000, n. 328.
5. Nel caso in cui il datore di lavoro proceda al licenziamento per
riduzione di personale o per giustificato motivo oggettivo del lavoratore
nel corso della sospensione del rapporto ovvero entro 3 mesi dal termine
della stessa, egli è tenuto a versare alla Gestione prestazioni temporanee
dell'INPS, in aggiunta alla somma prevista all'articolo 16, comma 8, una
somma pari a ulteriori 2 mensilità del trattamento erogato al lavoratore.
6. Il contributo alla Cassa unica per gli assegni familiari (CUAF) pari
all'1,68 per cento è destinato al finanziamento della Cassa integrazione
guadagni, ordinaria e straordinaria. Il finanziamento della CUAF è posto a
carico della Gestione per l'intervento assistenziale (GIAS) presso l'INPS.
I datori di lavoro che, alla data di entrata in vigore della presente
legge, già rientravano nel campo di applicazione della Cassa integrazione
guadagni continuano ad essere obbligati alla previgente aliquota
contributiva, con destinazione della parte differenziale al finanziamento
dei fondi mutualistici di cui all'articolo 20.
                                 Art. 20.
    (Fondi mutualistici per il sostegno del reddito e dell'occupazione)


1. Prestazioni aggiuntive del trattamento di Cassa integrazione guadagni,
ordinaria e straordinaria, e del trattamento di disoccupazione sono a
carico di fondi mutualistici per il sostegno del reddito e
dell'occupazione, istituiti mediante contratto collettivo nazionale o
accordo intercategoriale stipulato con le organizzazioni sindacali dei
lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative nel
settore di riferimento, secondo criteri determinati con decreto del
Ministro del lavoro e delle politiche sociali, adottato sentite le
organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente
rappresentative a livello nazionale.
2. Non rientrano nella nozione di retribuzione imponibile, nel limite del 2
per cento della stessa, i contributi versati ai fondi mutualistici di cui
al presente articolo.
3. Sono abrogate le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 28, della
legge 23 dicembre 1996, n. 662.


                                  CAPO V
                           COPERTURA FINANZIARIA


                                  Art. 21
                          (Copertura finanziaria)
1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, valutati in
2500 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005, si provvede
mediante recupero delle risorse derivanti dalle seguenti disposizioni:
a) all'articolo 3, comma 1, del decreto legge 15 aprile 2002 n. 63,
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002 n. 112, le
parole: "fino al 31 dicembre 2002" sono soppresse;
b) all'articolo 3, comma 8, del decreto legge 15 aprile 2002 n. 63,
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002 n. 112, le
parole: "pari a sei mesi per ogni anno solare, a decorrere dal 1º gennaio
2004" sono sostituite dalle seguenti: "pari a tre anni nel 2002 e a tre
anni per ogni anno solare, a decorrere dal 1º gennaio 2003";
c) all'articolo 4 della legge 18 ottobre 2001, n. 383, dopo il comma 1 è
aggiunto il seguente:
"1-bis. L'incentivo di cui al comma 1 non si applica alle spese sostenute
per l'acquisto di autoveicoli di cilindrata superiore ai 1800 cc";
d) l'articolo 13 della legge 18 ottobre 2001, n. 383, è abrogato; a
decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge riacquista
efficacia l'imposta sulle successsioni e donazioni soppressa dall'articolo
13 della citata legge n. 383 del 2001;
e) sono stabilite nella misura del 18 per cento le aliquote relative ai
redditi di capitale di cui alle seguenti disposizioni:
1) articoli 26, 26-ter e 27 del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni;
2) articoli 5 e 11-bis del decreto-legge 30 settembre 1983, n. 512,
convertito, con modificazioni, dalla legge 25 novembre 1983, n. 649;
3) articolo 2 del decreto legislativo 1º aprile 1996, n. 239, e successive
modificazioni;
4) articolo 1 del decreto-legge 2 ottobre 1981, n. 546, convertito, con
modificazioni, dalla legge 1º dicembre 1981, n. 692, e successive
modificazioni;
5) articoli 5, 7 e 13 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, e
successive modificazioni;
6) articolo 9 della legge 23 marzo 1983, n. 77, e successive modificazioni;
7) articolo 14 del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 84, e successive
modificazioni.





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