[Cerchio] Ma gli Usa si autointossicano

Borrar esta mensaxe

Responder a esta mensaxe
Autor: clochard
Data:  
Asunto: [Cerchio] Ma gli Usa si autointossicano
«Ma gli Usa si autointossicano»

Parla Alain Joxe Intervista al maggiore esperto francese (non militare) di
studi strategici, autore di molti libri, direttore di centri studi

Gli errori Usa «Gli americani credevano che con la Turchia fosse uno
scherzo, hanno dovuto aspettare i rinforzi, per il dopoguerra»


MARCO D'ERAMO
INVIATO A PARIGI



Incontro Alain Joxe nel suo ufficio al settimo piano della Maison des
Sciences de l'Homme (Msh), il palazzo in cui ho trascorso la mia giovinezza,
all'inizio di Boulevard Raspail. Nato nel 1931, Alain Joxe è il maggiore
esperto francese (non militare) di studi strategici, materia di cui per
trent'anni è stato direttore di studi all'École des Hautes Études en
Sciences Sociales, fino al 2001. Presiede il Cirpes (Centre
Interdisciplinaire de Recherche sur la Paix et d'Études Stratégiques) che -
tra l'altro - pubblica gli annuari Le débat stratégique américain e Le débat
stratégique euro-américain. Ha insegnato nell'Università del Cile al tempo
di Allende. Ha scritto molti libri; l'anno scorso è uscito L'empire du
chaos, presso La Découverte.

Gli ultimi sviluppi militari non hanno reso forse prematuro il trionfalismo
francese sulle difficoltà incontrate dalla coalizione anglo-americana in
questa guerra?

Quel che importa non è la durata, ma la qualità della guerra. Comunque vada,
gli americani hanno già perso la «guerra di liberazione». Pensavano di
essere accolti come liberatori, e lo si vede fin dal nome che hanno dato
all'operazione: «Libertà per l'Iraq». Come effetto collaterale della civiltà
pubblicitaria, hanno dato all'operazione il titolo di quel che speravano
sarebbe stata. Hanno creduto alla propria propaganda. È questo che
preoccupa: si sono autointossicati. E poi non hanno potuto mettere in atto i
piani studiati perché non hanno previsto un solo istante che i turchi
sarebbero stati così testardi. I turchi volevano che fosse completamente
cancellato il loro debito, 60 miliardi di dollari, una cifra enorme. Gli
americani credevano che fosse uno scherzo, era troppo grosso, si sono messi
a contrattare, e intanto il tempo passava e poi ci sono stati i due voti del
parlamento turco. Tutto questo fa sì che abbiano dovuto aspettare i
rinforzi, non solo per portare a termine la guerra, ma soprattutto per il
dopoguerra: una cosa era occupare un paese che li accoglieva con gli
applausi, un'altra è controllare una popolazione ostile. Anche il Vietnam
era cominciato così: si aggiungono 20.000 uomini, poi altri 20.000, e così
di seguito. Insomma tnga conto che in tre mesi gli Stati uniti hanno perso
la Turchia e la Germania. È tanto. Dal punto di vista della Realpolitik è
una gestione penosa per uno stato che pretende di dettare legge
all'universo.

In America pensano che questa guerra abbia segnato la fine dell'Onu. Invece
Emmanuel Todd sostiene che mai l'Onu è stato importante come durante questa
crisi.

Sono d'accordo nel senso che mai un esercito ha potuto sconfiggere un
tribunale. Può distruggerlo, ma non può combatterlo con le armi, perché il
tribunale continuerà a sentenziare. Perciò gli Stati uniti possono uscire
dall'Onu, ma non possono distruggerlo perché dovrebbero invalidare trattati
internazionali che hanno firmato. La Società delle nazioni fu distrutta non
solo perché gli Stati uniti ne uscirono, ma anche perché c'era Hitler. Gli
Stati uniti dicono che la Francia è isolata, ma sono loro isolati se devono
brandire una coalizione immaginaria, quando invece sono solo in due - Usa e
Gran Bretagna - e tutti lo vedono: fa patetico che una superpotenza debba
arruolare al proprio fianco le Isole Tonga, le Marianne, la Micronesia, il
Rwanda, il Costarica, l'Albania, l'Afghanistan e - come dicono loro - altri
15 stati di cui non possono fare i nomi, quindici «alleati clandestini».

Nello stato attuale, anche quando Baghdad sarà presa, sembra che si profili
una situazione senza vincitori netti: l'Europa che non partecipa alla
ricostruzione; la Russia di nuovo in clima di guerra fredda; la Gran
Bretagna di Tony Blair che non ha ottenuto niente in Palestina; gli
americani che devono accollarsi il costo della ricostruzione.

Il problema è sapere quali saranno le prossime iniziative europee non già
per aiutare gli Stati uniti a uscire dal vespaio, ma per restaurare l'ordine
internazionale in tempo di pace. È tutta una commedia dell'arte: gli
americani recitano i Matamori, i bulli mondiali; i tedeschi fanno i
pacifisti, i francesi recitano il diritto internazionale, gli inglesi
cercano di far rinsavire gli americani, ognuno recita la sua parte; e poi ci
sono i paesi arabi che sarebbero ben lieti di veder partire dei giovani
focosi come volontari in Iraq, ottenendo così un duplice risultato, di
liberarsi di sobillatori di disordini e di pacificare le proprie opinioni
pubbliche che cominciano ad agitarsi, se persino un monarca pro-occidentale
come il re hachemita di Giordania deve riverire i «martiri» iracheni.

Dopo l'11 settembre la Russia di Vladimir Putin si era sdraiata sugli Stati
uniti, snobbando l'Europa come entità trascurabile. Invece ora hanno fatto
fronte comune con Francia e Germania. Come mai questo voltafaccia?

Un po' perché la Russia è da sempre interessata all'Iraq, un po' per non
essere estromessa del tutto dal teatro medio-orientale. Ma soprattutto
perché vede che alle sue frontiere meridionali prima è caduto l'Afghanistan,
e ha dovuto permettere agli Usa d'installare basi in Uzbekistan e
Turkmenistan; poi vede cadere l'Iraq e poi - se come molti profetizzano -
sarà la volta dell'Iran. È tutto il suo limes meridionale che vacilla.
Questi due stati, Iraq e Iran, uno laico, l'altro no, per quanto si vuole
corrotti e tirannici, erano comunque entità statali funzionanti, erano due
punti d'appoggio per la ricostituzione dell'immagine di un potere statale
nell'ex sistema sovietico: è la via intrapresa da Putin in quanto nuovo zar
che vuole mettere ordine nelle sue mafie, o almeno venire a patti con esse e
limitarle, e ristabilire il potere centrale. Non può veder crollare a sud
prima l'Iraq poi l'Iran.

Ma perché gli Stati uniti se la prendono solo con la Francia e sono invece
molto discreti sull'ostilità tedesca, mentre la Germania è molto più
potente?

Perché vogliono spaccare l'Europa. Perché attaccare la Germania non è
facile, e poi non gli porta nulla. I tedeschi sono protestanti, sono
moralisti, anche nel pacifismo: non si può dire che sono ballerini. E poi,
secondo me il problema attuale è che gli Stati uniti sono guidati da
un'équipe che lavora al livello pubblicitario. Hanno cercato di opporre
Francia e Germania basandosi sui precedenti storici. E arrivano
all'assurdità di arrabbiarsi se i tedeschi sono pacifisti. I tedeschi sono
stati ridotti da due guerre mondiali a definirsi come una nazione che non
legittima più nessuna guerra aggressiva, e in Europa nessuno si lamenta di
questa situazione, anzi. Può darsi che in questa posizione i tedeschi
abbiano mostrato una sorta di radicalismo morale, ma è quello che abbiamo
sempre cercato, e per cui abbiamo combattuto due guerre: uno stato che si
contenta delle sue frontiere, che non ha ambizioni imperiali.

Non è vero. La Germania ha mostrato le sue mire egemoniche nella ex
Jugoslavia, nell'Europa centrale (Cechia, Polonia, Ungheria).

Sì, ha mostrato tendenze egemoniche, ma non sul piano militare. Certo la
politica, l'economia, gli intrighi diplomatici, tutto questo non sparisce
all'improvviso. Qui stiamo parlando dell'atteggiamento della Germania di
fronte a una guerra alle frontiere dell'Europa possibile. Non dimentichiamo
che la Turchia è candidata a entrare nell'Unione europea. Dal momento in cui
la Turchia è candidata, quel che succede alle frontiere turche riguarda
direttamente la Germania. In ogni caso, se gli Stati uniti decidono di fare
ritorsioni sulla Francia, possono fare solo ritorsioni contro tutta
l'Europa. Queste minacce sono quindi anche iniziative pubblicitarie dirette
verso la propria opinione pubblica interna.

Ma sono iniziative che pesano.

I casi sono due, o è qualcosa che dura sei mesi e poi passa, o è qualcosa di
più durevole e di più grave, e allora non è perché noi francesi ci mettiamo
a essere gentili che si risolve. Quello che sta succendendo è molto grave:
la storia d'Europa è antica, dall'impero romano, a Machiavelli, all'habeas
corpus (che cioè nessuno può essere arrestato né imprigionato senza motivato
mandato del giudice). E gli Stati uniti stanno abolendo a casa loro l'habeas
corpus e ristabilendo la lettre de cachet (la lettera che permetteva al re
di spedire a piacimento qualcuno nelle segrete della Bastiglia). E questo
inquieta tutti in Francia: non è il momento di ammansirli e fargli
salamelecchi. Ma se le cose stanno a questo punto, che l'America deve
vendicarsi della Francia perché noi non siamo stati d'accordo sulla guerra
all'Iraq, significa che l'America è malata, e non è che sarà curata se i
francesi si scusano e si mettono a chiedere «Comprateci il formaggio». Io
non credo però che l'intero popolo americano stia dando i numeri; penso si
tratti del tentativo di un'équipe che non ha molti altri mezzi per esprimere
il suo malumore nei confronti del sistema internazionale. Per esempio, sono
gli inglesi che hanno riportato tutto alle procedure dell'Onu, che hanno
fatto di tutto per far rinsavire gli americani, per rinviare di un mese (e
magari i militari Usa erano d'accordo): perché gli Usa non se la sono presi
con Londra? Non possono perché sono i loro unici alleati, però respingono
tutte le loro richieste e mettono Tony Blair in una situazione
insostenibile. E così Blair dovrà riavvicinarsi alla Francia per non
trovarsi in un buco nero impossibile tra l'Europa e l'America.

Se dieci anni fa le avessero detto che si sarebbe schierato con Jacques
Chirac e con Karol Wojtyla, che ne avrebbe pensato?

Chirac è stato eletto anche con i voti della sinistra, per una peripezia
elettorale, ma per questa ragione è costretto a non essere fascista, anzi a
essere antifascista: non fa altro che rispettare il contratto elettorale,
visto che è stato eletto contro il Fronte Nazionale. Io ho votato Chirac. E
lui sta vivendo una seconda giovinezza. Sono cancellate tutte le porcherie
che può aver commesso. Chi si ricorda adesso che ha preso mazzette o ha
caricato sulla nota spese?