il "comitato per la difesa delle marine di melendugno" si riunisce stasera,
GIOVEDI 3 OTTOBRE alle ore 20:00, presso la sede dei VERDI di lecce.
dopo le conferenze dei servizi del 26 settembre ed in vista delle prossime
del 24 ottobre, è già il caso di rivedersi..
avendo prodotto solo 5 delle 7 memorie che ci eravamo impegnati a
depositare, ci sarà ancora da lavorare per completare la fase precedente.
poi da pensare ad una seconda fase di impegno..
intanto sul piano politico occorre valutare come proseguire la
mobilitazione.
sul piano ancora tecnico, invece, bisognerebbe cercare altri apporti e
provocare almeno, con un intervento sulle pagine dei giornali, una presa di
posizione degli ordini professionali, dell'università..
ma ancora sul piano politico sono convinto della necessità di darsi come
prospettiva la realizzazione di un "forum ambiente": è forse già il caso di
mettere in rete tra loro le diverse realtà impegnatesi nel tempo ora in
difesa di questo ora di quell'angolo di salento.. con l'obiettivo di tenere
attorno allo stesso comune denominatore i singoli frammenti d'impegno,
mettere in comune le esperienze, le competenze, i documenti.. fare sintesi e
cambiare passo.
impensabile procedere ancora rincorrendo le emergenze: occorre una nuova
strategia d'impegno e penso che la realizzazione di un osservatorio sia la
maniera preferibile per contrastare una tendenza in atto ad aggredire la
qualità ambientale del territorio.
non è solo una questione ambientale..
come condiviso in uno scambio di battute con ninì bucci è certo anche una
questione liberista ma, meglio ancora, una questione democratica che
richiede necessariamente di allargare l'ambito della dialettica politica per
rivendicare strumenti anche istituzionali di controllo sociale delle
decisioni che riguardano il territorio.
..ed il senso dell'esperienza in corso nella città di porto alegre - a
proposito di urbanistica partecipata - mi pare proprio questo.
ninì lo dice meglio di me, in una mail scambiataci in privato:
"Bisogna tornare a rivendicare forme di processualità democratica per le
decisioni pubbliche ed una nuova organizzazione del lavoro amministrativo
che preveda il necessario collegamento, nella fase di elaborazione di piani,
programmi e progetti, fra il consiglio comunale ed i cittadini organizzati
in comitati e movimenti.
Occorre ritornare a rivendicare la necessità di una amministrazione non
separata dal sociale e, dunque, il necessario collegamento tra
un'organizzazione democratica del lavoro pubblico e le espressioni
dell'autonomia sociale.
Occorre riaprire la questione della riforma democratica del pubblico e della
programmazione democratica dell'economia del territorio (dopo l'enfasi ormai
ultradecennale data alle concezioni liberiste e neo corporative
dell'aziendalismo, del managerialismo, della separazione tra politica ed
amministrazione). Dobbiamo, cioè, ritornare ad esprimere e rivendicare una
cultura autonoma del "pubblico - sociale" che superi il "pubblico -
burocratico subalterno alle strategie dell'impresa".
Occorre cioè spezzare i nessi tra esecutivi, dirigenza amministrativa ed
imprese private per fare riemergere forme di autogoverno dei cittadini e dei
lavoratori.
[...]
Ci dicano gli assessori e consiglieri (Verdi e PRC) se la battaglia per gli
statuti comunali e provinciali (che dovrebbero contenere una disciplina
degli strumenti di partecipazione idonei ad essere utilizzati dai movimenti
per attivare forme di controllo sociale del territorio) è ancora all'ordine
del giorno nella lotta per la democratizzazione e la socializzazione del
pubblico.
Nei volantini oltre al rammarico per gli scempi dovremmo iniziare a fare
circolare una nuova visione dei rapporti pubblico/sociale/privato volta al
superamento di quella accreditata dalla vulgata neoliberista."
un "forum ambiente", quindi, avrebbe penso il pregio di mettere in comune le
esperienze, le chiavi di lettura dei processi di trasformazione del
territorio, gli strumenti di resistenza.. e di darsi un orizzonte politico
di un respiro simile a questo e - più in generale - all'esperienza in corso
a porto alegre.
nella città del bilancio partecipativo, infatti, "migliaia di cittadini
attivi nei processi di democrazia diretta hanno capito che una città non
cresce solo per sommatoria di parti, ma necessita di una strategia globale
che sappia leggere e costruire ogni spazio, pensare per temi trasversali, e
portare ogni abitante ad interessarsi non solo alla propria via o quartiere,
ma al territorio urbano come un tutto unico e complesso."
questa raggiunta maturità "ha permesso al bilancio partecipativo di
integrare la discussione delle opere e dei servizi per le periferie con la
costruzione di 'visioni strategiche' e di scenari condivisi per l'intera
città, che hanno preso la forma del Piano di sviluppo economico e del nuovo
Piano di sviluppo urbano e ambientale." (G. Allegretti, in "Porto Alegre, il
Forum sociale mondiale", Milano 2002)
siamo sulla soglia di un impegno da caratteristiche simili a queste..
dobbiamo solo decidere se e quando varcare questa soglia per lavorare ad uno
scenario di questo tipo, che porti la cosiddetta società civile a presiedere
alle migliori scelte per il territorio locale, anzichè sottostare a scelte
imposte dalla forza pressante di un piano economico che lavora solo per il
proprio esclusivo profitto.