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Autor: Alessandro Presicce
Data:  
Asunto: [Lecce-sf] p a c e !
Riceviamo da Graziella Lupo dell'ass. L'Arco.

Si tratta di un appello contro la guerra in Iraq da spedire e di un testo
sul tema della pace scritto da padre Alex Zanotelli.

Volentieri inoltro in lista.

Alessandro

_______________________________

Guerra all'Iraq: «Immorale e illegale»

Appello del Giubileo degli Oppressi 2002 - Da firmare e inviare al
Presidente del Consiglio / Ministro degli Esteri

Sembra che la politica della "guerra infinita" continui il suo valzer verso
un nuovo obbiettivo: l'Iraq. Il vicepresidente Usa Dick Cheney in un pesante
discorso pronunciato a Nashville (Tennessee, Usa) ha detto: «Il regime
iracheno si è molto dedicato a potenziare le sue capacità nel campo delle
armi chimiche e batteriologiche, e continua ad attuare il programma nucleare
che ha iniziato diversi anni fa». Ha poi aggiunto: «Molti di noi sono
convinti che Saddam Hussein acquisterà armi nucleari molto presto». Ha poi
concluso: «Prenderemo qualsiasi contromisura necessaria per difendere la
nostra libertà e la nostra sicurezza».

Questo discorso è stato ritenuto da molti come l'effettiva posizione
dell'amministrazione Bush. Se questo è vero, siamo sul piede di guerra. È di
una gravità estrema. Dopo l'Afghanistan… è il turno dell'Iraq, già
martoriato da una guerra, continuamente bombardato, prostrato dalle
sanzioni, pagate soprattutto da donne e bambini (si stima che 250 bambini
muoiano ogni giorno a causa dell'embargo). Non meno gravi le conseguenze
dell'utilizzo delle bombe all'uranio impoverito, che potrebbe far sì, come
afferma Stefano Salvi ("L'informazione deviata", Zelig, 2002), che nei
prossimi cinque anni il 48 per cento della popolazione irachena venga a
«contrarre» il cancro (si tratta di oltre 9 milioni di persone).

Non siamo certo qui a difendere Saddam Hussein e la sua cricca, una delle
peggiori dittature sulla faccia della terra. Ci sta a cuore un intero
popolo, che ora dovrà sorbirsi un'altra guerra spaventosa. A questa gli
Stati Uniti si stanno preparando con 200mila uomini in armi e uno
stanziamento di 60 miliardi di dollari. Come al solito, le vittime saranno,
nella stragrande maggioranza, civili.

In profonda sintonia con quanto affermato dall'organizzazione cattolica Pax
Christi Internazionale e da Pax Christi Italia nella dichiarazione "fermare
la macchina da guerra", e da altri gruppi religiosi, vogliamo anche noi
affermare che:

l'Iraq non costituisce una minaccia contro di noi, per cui attaccarlo
sarebbe un atto di aggressione;
sarà la popolazione civile, già così provata, a pagare la guerra contro il
regime di Saddam (sarebbe come combattere la mafia bombardando Palermo);
la guerra avrebbe ripercussioni ambientali paurose, in un momento in cui
l'ecosistema mondiale è in difficoltà;
c'è il pericolo reale dell'uso di armi nucleari, dato che gli Usa affermano
che utilizzerebbero l'atomica ovunque i loro interessi vitali fossero
minacciati.


Perciò noi, con fermezza e senza riserve,
bolliamo come immorale e illegale
una guerra contro l'Iraq.
Un attacco non provocato tradirebbe:

la nostra Costituzione, che all'articolo 11 non ammette la guerra come
strumento di offesa;
per i cristiani, i principi evangelici ed etici che stanno al cuore della
loro fede.
Invece dell'azione militare crediamo che deve essere tentata:

ogni via diplomatica,
ogni opportunità per negoziare,
ogni richiamo alla moderazione,
privilegiando come canale l'Onu. (Sarebbe anche l'ora di finirla con le
sanzioni contro l'Iraq).

Ci ritroviamo in pieno accordo con quanto afferma Pax Christi Internazionale
nella succitata dichiarazione – firmata anche dall'arcivescovo di
Canterbury, Rowan Williams, capo della chiesa anglicana – che qualifica
l'attacco all'Iraq come «immorale e illegale. È vergognoso che le nazioni
più potenti del mondo continuino a giudicare la guerra e la minaccia di
guerra come strumento accettabile di politica estera, in violazione
dell'ethos tanto delle Nazioni Unite quanto della morale cristiana».

5 settembre 2002

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Stampa, firma e spedisci l'appello:

al Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri
Silvio Berlusconi
Piazza Colonna, 370 – 00186 Roma - fax 06 67793543
ai Deputati e Senatori della tua Circoscrizione/Collegio


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«Il nuovo è possibile»

di Alex Zanotelli

Il testo-guida di padre Alex per "La pace nelle nostre mani: non solo
utopia!". «Perché un altro giubileo? Non l’abbiamo già celebrato due anni
fa?»...


[Il testo è stampato - a cura dell'Emi di Bologna - in un tascabile di 32
pagine contenente anche quattro "proposte operative", in distribuzione sul
percorso della Carovana della Pace. Prezzo € 1,00]

Più di uno si domanderà: "Ma perché un altro giubileo? Non l’abbiamo già
celebrato due anni fa? Il giubileo biblico non si celebrava ogni cinquant’
anni? Sono domande legittime che richiedono una risposta. Per tentare di
darla è necessario capire cos’era il giubileo e qual era la sua funzione
sociale nella tradizione ebraica. La bibbia riconosce che le disuguaglianze
sono inevitabili in una società umana decaduta. È inoltre un assioma
sociologico che ogni società lasciata a se stessa tenda a strutturarsi nella
disuguaglianza. Una realtà questa che il Dio di Israele non può accettare
perché Egli ha un Sogno per il suo popolo: un’economia di uguaglianza. Il
giubileo nasce in Israele per cercare di tradurre quel Sogno di prassi
quotidiana.
Fino a pochi anni fa era opinione comune degli esperti biblici che il
giubileo fosse un’istituzione post-esilio, cioè dopo il ritorno dall’esilio
in Babilonia (538 a.C.) che si celebrava ogni 50 anni. Molti ritenevano che
fosse solo un pio desiderio che non fu mai praticato (se è per questo,
neanche il discorso della montagna fu mai praticato!).
La recente ricerca biblica sostiene invece che il giubileo è stato parte
essenziale del "gran Sogno di Dio" che chiamava Israele (1200 a.C.) a essere
una società, una comunità alternativa all’impero e alle città stato del
medio oriente. Purtroppo anche in Israele le tendenze alla disuguaglianza si
fecero ben presto sentire. Le istituzioni giubilari furono fin dall’inizio
gli strumenti giuridici per tentare di riportare un minimo di uguaglianza in
seno alla tribù di Yahvè (Yahvè è il rifiuto di darsi un nome).
La prima istituzione giubilare è il sabato, settimo giorno della settimana
seguita dal settimo anno sabbatico che diventerà poi il sabato dei sabati
(il 7 x 7), il grande Giubileo ogni cinquantesimo anno! Ma non si può capire
il giubileo se non si capisce il Sogno che Dio ha per il suo popolo Israele.
Dio sogna per il suo popolo liberato dall’impero faraonico (un’economia di
uguaglianza cioè una più equa distribuzione dei beni perché tutti ne
traggano beneficio). Per realizzare questo c’è bisogno di una politica di
giustizia che persegue cioè un’equa distribuzione dei beni e delle risorse.
Ma un tale sogno sottintende un’esperienza religiosa in cui Dio è percepito
come il Dio totalmente libero, totalmente Altro! Per questo non può essere
cooptato dal sistema o dal faraone per essere il garante dell’ordine
costituito. Dio è il Dio che rimette in discussione ogni impero, che
necessariamente schiaccia ed uccide. Infatti ogni impero è costituito su un’
economia di opulenza (pochi straricchi a spese di molti morti di fame) che
necessariamente domanda una politica di oppressione per tenere a bada la
gente. La religione diventa allora il collante della società, Dio il garante
del disordine costituito. Ma Yahvè sogna qualcosa d’altro per il suo popolo.
"Lo yahvinismo era una forma di vita alternativa, sociale, economica,
politica e religiosa" – affermano due bibliste americane, Ross Kinsler e
Gloria Kinsler nel loro libro Il Giubileo biblico e la lotta per la vita. Lo
yahvinismo diede una dimensione divina alla lotta dei popoli marginalizzati
per vincere i meccanismi dominanti e le ideologie oppressive e creare un
nuovo ordine sociale in cui tutti ne avrebbero avuto "a sufficienza"".

Il Sabato
La prima e più fondamentale istituzione giubilare fu il Sabato (il settimo
giorno, giorno di riposo – shabat, per tutti: uomini, animali, terra), che
ricordava ad Israele il sogno di Yahvè e diventava così il giubileo
settimanale. "L’osservanza del sabato richiede un salto di fede – scrive il
biblista americano Robert Lowery –, la ferma fiducia che il mondo continuerà
ad operare benevolmente per un giorno senza lavoro umano e che Dio è pronto
e capace di provvedere all’essenziale per una vita umana serena. Il Sabato
promette sette giorni di prosperità per sei giorni di lavoro!". Sia gli
uomini, sia gli animali, sia la terra possono essere liberati regolarmente
dal lavoro come dalla produzione e questo su base settimanale. È il giubileo
settimanale. Nella bibbia il primo accenno al sabato è nel racconto della
creazione (Gen 1); il secondo è nella storia della manna (Es 16). È questo
secondo testo che ci aiuta a capire ancora meglio il significato del Sabato
biblico. Gli israeliti sono appena usciti dall’impero faraonico (economia di
opulenza!) e devono ora confrontarsi con la dura realtà della vita:
sopravvivere in un deserto.
Gli israeliti non potevano nemmeno immaginare un sistema economico
differente dal complesso militar-industriale egiziano che li aveva oppressi.
"La storia della manna non è un bel miracolino, ma è l’alternativa di Dio
all’economia egiziana", scrive il biblista americano Ched Myers, cui sono
debitore di queste osservazioni. Questa storia della manna narra come Dio
metta alla prova Israele per vedere se osserverà le istruzioni per
"raccoglierla (la stessa parola fu usata per la raccolta delle messi). La
prima lezione che Israele riceve fuori dall’Egitto ha a che fare con la
produzione economica". Mosè da tre istruzioni al popolo per "raccogliere".
Primo: ogni famiglia raccoglie solo il sufficiente per il proprio
fabbisogno. "Colui che ne aveva preso di più, non ne aveva di troppo, colui
che ne aveva preso di meno non ne mancava" (Es 16,18b). Nell’economia di Dio
non ci sono il "troppo" e il "troppo poco".
Secondo. Questo pane non dovrebbe essere "accumulato". L’economia imperiale
egiziana era basata sull’accumulo. Mentre a Israele è ingiunto di far
circolare la ricchezza attraverso strategie di distribuzione per evitare la
concentrazione di ricchezza in poche mani, tipica di ogni impero.
Terzo. Il giubileo settimanale, il Sabato. " Ma il sesto giorno quando
prepareranno quello che dovranno portare a casa, sarà il doppio di ciò che
raccoglieranno ogni altro giorno… Sei giorni lo raccoglierete, ma il settimo
giorno è sabato: non ve ne sarà" (Es 16,5.26). La legge fondamentale del
Sabato è la strategia che Dio ha usato per insegnare a Israele la sua
dipendenza dalla terra come dono da condividere equamente, non come possesso
da sfruttare. La terra è di Dio, i suoi frutti sono un dono: gli israeliti
devono distribuire quei frutti invece che accumularli. "Il sabato significa
ricordare ogni settimana due principi fondamentali dell’economia di Dio: il
fine del sufficiente per tutti e la proibizione dell’accumulo – scrive Ched
Myers -. Questa visione (è il sogno di Dio) è il contrario dell’economia
capitalista". È questo il giubileo settimanale presente fin dall’inizio
perché Israele non dimenticasse la sua vocazione ad essere società
alternativa". Questo ciclo sabbatico settimanale è stato poi esteso al
settimo anno nel codice dell’Alleanza (Es 23,10).
"Per sei anni seminerai la tua terra e ne raccoglierai il prodotto, ma nel
settimo anno non la sfrutterai e la lascerai incolta: ne mangeranno gli
indigenti del tuo popolo e ciò che lasceranno sarà divorato dalle bestie
della campagna" (Es 23,10-11). Il codice del Deuteronomio aggiungeva anche
il condono del debito (Deut 15,1-8). "Alla fine di ogni sette anni
celebrerete l’anno di remissione. Ecco la norma di questa remissione: ogni
creditore che abbia diritto a una prestazione personale in pegno per un
prestito fatto a un suo prossimo, lascerà cadere il suo diritto" (Deut
15,1-2). Tutto questo per contrastare la tendenza della società umana a
concentrare ricchezza e potere in poche mani, creando così paurose
stratificazioni sociali e relegando i poveri all’ultimo posto. Il settimo
anno troverà poi la sua piena realizzazione nell’anno giubilare: sette per
sette. È il massimo della perfezione per gli ebrei e marco per tentare di
realizzare quella società alternativa che Dio sognava per il suo popolo. È
la piena espressione della logica del Sabato.
"Conterai anche sette settimane di anni, cioè sette volte sette anni; queste
sette settimane di anni faranno un periodo di quarantanove anni…
dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nel
paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi
tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia" (Lev 25). Il giubileo
includeva la remissione del debito (Lev 25,35-42), la restituzione della
terra al suo proprietario originale (Lev 25,25-28) e la liberazione degli
schiavi (Lev 25,47-55). "Queste leggi liberatrici del giubileo provano l’
esistenza di un’ideologia di giustizia sociale in cui l’inclusione del
povero, dell’indebitato, dello schiavo, è centrale – scrivono le due
americane R. Kinsler e G. Kinsler –. La remissione dei debiti e la
liberazione degli schiavi sono mezzi essenziali per superare le usuali
tendenze verso l’esclusione. I contadini vivevano sotto la perenne minaccia
di perdere i loro raccolti, cadere nell’indebitamento, perdere la propria
terra e finire in schiavitù. Potenti e ricche élite cercavano un’opportunità
per estendere la loro terra e accumulare più ricchezza sfruttando la
situazione miseranda dei contadini offrendo prestiti ad alti costi,
prendendo la loro terra come caparra in caso di mancato pagamento, e
riducendoli poi in servitù. Questa situazione poteva in lunga parte
risolversi se Israele avesse obbedito al Signore Dio che li aveva salvati
dall’Egitto".

Comunità alternative
L’evento cruciale del giubileo è il ritorno alla situazione originale dell’
uguaglianza. "Ognuno ritorna alla propria terra, la base per una libertà
ugualitaria delle famiglie. Coloro che hanno più accumulato devono
restituire – scrive Ulrich Duchrow nel suo splendido Alternative al
capitalismo globale -. Questo dovrebbe accadere nel giorno dell’espiazione
quando i sacerdoti facevano penitenza scaricando sul capro i peccati del
popolo. L’emergere della disuguaglianza socioeconomica in Israele è vista
come peccato. Ma il popolo non è abbandonato in balia dei peccati
economico-strutturali. Dio ha infranto questa struttura di peccati. Per cui
il nuovo è possibile e deve emergere dentro la storia.
È questo il messaggio del giubileo. Gesù ha rilanciato in quella "Galilea
delle genti" il messaggio dell’anno giubilare; ha proclamato l’economia
sabbatica, radicalizzandola. La Galilea era la regione della Palestina che
più pagava lo scotto dell’imperialismo romano che utilizzava il tempio e il
tetrarca Antipa per schiacciare e strozzare i contadini. Il vangelo di Luca
presenta il lavoro di Gesù come rilancio dell’anno sabbatico, del giubileo.
Gesù si recò a Nazaret… entrò nella sinagoga… gli fu dato il rotolo di
Isaia… "lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato
con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio,
per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per
rimettere in libertà gli oppressi e predicare un anno di grazia del Signore"
(Lc 4,16-19).
"L’anno di grazia del Signore è generalmente compreso come un diretto
riferimento all’anno giubilare o al settimo anno – affermano R. e G.
Kinsler -. Tutto il testo esprime tutta la forza delle leggi sabbatiche.
Portare un lieto messaggio ai poveri significa cambiare le realtà
socioeconomiche e spirituali fondamentali dei contadini indebitati, di gente
senza terra, disoccupati o schiavi in questo mondo. È importante notare che
"l’anno di grazia" che Gesù proclamò come l’arrivo del regno di Dio non era
più un anno di sette o un anno ogni cinquanta, ma una nuova età di libertà
perpetua per tutto il popolo di Dio da ogni tipo di oppressione".
"Gesù si ricongiunge così con l’idea ebraica che Israele doveva essere "una
società alternativa" – afferma U. Duchrow – talmente attraente che tutti i
popoli sarebbero venuti spontaneamente a Sion cambiando vita, assumendo un
volto umano". Gesù in quella Galilea schiacciata e oppressa, rilanciava alla
grande "il gran Sogno di Dio" partendo dalle piccole comunità di
rinnovamento nei villaggi della regione. "L’intuizione di Gesù non era
quello di pilotare i suoi seguaci verso comunità disincarnate, ma invece di
creare comunità alternative incarnate che potessero resistere e sfidare i
sistemi di potere come Lui stesso ha fatto pagando di persona – Richard
Horsely e Neil Asher Silberman nel loro ottimo testo Il messaggio e il
Regno.
Il regno di Dio che Gesù proclamava era precisamente quell’ordine
socioeconomico e spirituale inculcato nella Legge e nei Profeti condensato
nella visione del sabato-giubileo. Gesù rinnovò la memoria sovversiva delle
tribù di Yahvè e l’aspettativa del Regno di Dio tra i villaggi della
Galilea". E Gesù nei villaggi della Galilea diede inizio a piccole comunità
alternative, comunità di accoglienza dove l’emarginato, l’indebitato, il
lebbroso si sentiva accolto, amato, perdonato. Comunità di condivisione dove
quel poco che c’era veniva spezzato, condiviso (lo spezzare il pane!).
Nessun episodio nei vangeli è così raccontato come la moltiplicazione dei
pani (sei volte!) che non è un bel miracolino, ma è il cuore stesso della
Buona Novella.
Se sei capace di condividere quel poco che hai, vedrai fiorire vita e vedrai
che ce n’è abbastanza per tutti. È la ritraduzione della storia della manna.
"Pasti vissuti insieme sono il cuore della nuova fratellanza-sorellanza che
spiazzano le norme della casa patriarcale. Tutti sono invitati. Il regno di
Dio come festa che da gioia a tutti non è più qualcosa che appartiene al
futuro. Inizia già, nella presenza liberante di Gesù tra gli emarginati e
gli affamati – attraverso la condivisione e il mutuo servizio" (U. Duchrow).
Questo spiega il rifiuto radicale di Gesù dell’economia monetaria di
accumulo del sistema greco-romano. Lui la chiama Mammona. Su questo Gesù è
stato di una chiarezza lapidaria: non potete servire Dio e Mammona (Mt
6,24). È per questo che Gesù fu crocefisso, una morte riservata da Roma agli
schiavi e ai sobillatori contro l’impero. Fu crocifisso "fuori le mura" come
cane immondo. A quel crocifisso l’Abba, il Papi come Gesù lo chiamava, gli è
rimasto fedele. "È vivo! È risorto, vi precede in Galilea!" e di là verrà
rilanciata la "Buona Novella", "l’evangelo", il giubileo degli oppressi.
Piccole comunità alternative come quella di Gerusalemme che Luca ci presenta
negli Atti. "Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti
possedevano campi o case li vendevano, portavano l’importo… e poi veniva
distribuito a ciascuno secondo il bisogno" (At 4,34-35). Memori della parola
del Deuteronomio detta nel contesto dell’anno sabbatico "non ci sia un
povero in mezzo a noi" (Deut 15,24). Piccole comunità alternative all’impero
romano come quelle fondate da Paolo in Grecia e Asia Minore che avevano
colto il cuore del Sogno di Dio: un’economia di uguaglianza. Questo porterà
Paolo anche alla famosa colletta delle comunità ellenistiche a favore della
comunità dei poveri di Gerusalemme.
"Qui non si tratta infatti di mettere in ristrettezza voi per risollevare
gli altri, ma di fare uguaglianza. Per il momento la vostra abbondanza
supplisca la loro indigenza perché anche la loro abbondanza supplisca la
vostra indigenza e vi sia uguaglianza. Come sta scritto: colui che raccolse
molto, molto non abbondò e colui che raccolse poco non ebbe di meno" (2Cor
8,14-15). È la lezione della manna del giubileo dell’economia sabbatica
ritradotta nel contesto imperiale romano.

Tocca a noi
Tocca a noi ora ritradurre questa parola sabbatica giubilare nel contesto
dell’impero del denaro. Il nostro, come tutti gli imperi, è costruito su un’
economia di opulenza per pochi a spese di molti morti di fame. Questo impero
permette al 20% del mondo di papparsi l’82,7% delle risorse mondiali. Questo
vuol dire che l’80% del mondo deve accontentarsi del 17% delle risorse
mondiali. Per il 20% più povero (coloro che vivono con meno di un dollaro al
giorno) rimane solo il 14% delle risorse. Questo significa la morte per fame
di 30-40 milioni di persone all’anno. Significa che i poveri diventano
sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi. Tre famiglie americane hanno
l’equivalente in denaro del Pil di 48 stati africani che rappresentano 600
milioni di persone. È chiaro che questo stile di vita deve essere difeso da
un incredibile investimento in armi.
Soprattutto a partire dall’11 settembre, l’apparato militare industriale
americano ha deciso di rilanciare l’economia in recessione con ingenti
investimenti in armi. Gli Usa spenderanno quest’anno 500 miliardi di dollari
in armi, l’Ue 250 miliardi. Gli USA stanno investendo 60 miliardi di dollari
per rinnovare armamentario atomico che userà ovunque i suoi interessi vitali
siano minacciati. Gli Usa hanno già dato il via alla costruzione dello scudo
spaziale stanziando 70 miliardi di dollari. Tutto questo per difendere lo
stile di vita del 20%. È la sicurezza di chi ha. È la guerra e il
terrorismo. Bush ha detto che sarà una guerra infinita: Afganistan, ora l’
Iraq… morti per guerra: oltre due milioni di morti nella guerra del Congo.
Un dispendio di energie, di risorse incredibile in morte che ci sta portando
alla morte ecologica. Noi ricchi del mondo negli ultimi cinquant’anni
abbiamo speso più di quanto abbia speso l’umanità in oltre un milione di
anni.
Per vivere così avremmo bisogno di quattro pianeti terra. Gli scienziati ci
danno 50 anni per cambiare. Dopo sarà troppo tardi. Il nostro è un sistema
di morte. È il contrario del sogno di Dio che sogna un’economia di
uguaglianza, che domanda una politica di giustizia… è la negazione radicale
dell’economia sabbatica, del giubileo… "L’economia in ultima analisi un
problema teologico – dice Ched Myers –. È questa la grande sfida giubilare
che deve essere costantemente richiamata". La tradizione giubilare non è
roba da celebrarsi ogni cinquant’anni, ma uno sforzo costante di far passare
il sogno di Dio dentro questa difficile storia umana, in questo difficile
momento storico.

Testi consultati
Ched Myers, God speed he year of jubilee, Sojourners, June 1998.
Ched Myers, Jesus new economy of grace, Sojourners, July-August 1998
R. Kinsler – G. Kinsler, The biblical jubilee. The struggle for life, Orbis
Books
Ulrich Duchrow, Alternatives to global capitalism, Europe Kairos
Wes Howard-Brook, The church before christianity, Orbis Books