vi invio txt di controinchiesta sull'assassinio
di carlo g
ciao franco
LA NEWSLETTER DI MISTERI D'ITALIA
Anno 3 - N.° 46 (speciale omicidio Giuliani 2)
4 LUGLIO 2002
Se avete inserito MISTERI D'ITALIA tra i vostri
preferiti o se lo avete in memoria nella
cronologia del vostro computer, ricordatevi
SEMPRE di cliccare su AGGIORNA. Sarete subito al
corrente delle novità inserite.
OMICIDIO GIULIANI:
UN'INCHIESTA CHE NON CONVINCE
Poco meno di un anno fa, nel corso di violenti
incidenti tra manifestanti e forze dell'ordine,
moriva a Genova, assassinato, Carlo Giuliani.
Un anno di inchiesta giudiziaria, condotta dal PM
x Franz, coadiuvato da uno stuolo di consulenti
tecnici, con una serie infinita di perizie,
perizie ripetute e controperizie sta avviando il
procedimento a carico del carabiniere Mario
Placanica, accusato di omicidio volontario, verso
l'archiviazione.
La tesi che eviterà la celebrazione di un
processo a carico del giovane militare sembra
essere questa: Placanica, assediato dai
manifestanti nel suo gippone, reagì sparando due
colpi di pistola in aria. Per una circostanza del
tutto fortuita il secondo proiettile venne
deviato da un calcinaccio (sic!) lanciato da un
manifestante e finì nella testa di Giuliani.
Di seguito pubblichiamo il testo di una
controinchiesta condotta da un cronista di razza,
Roberto Chiodi, attualmente condirettore
responsabile dell'agenzia di stampa telematica Il
Velino (
www.ilvelino.it).
Avvertenza: ai nostri abbonati più politicamente
schierati non faccia velo alla comprensione di
quanto pubblichiamo il fatto che Il Velino sia un
organo di stampa in qualche modo legato
all'attuale governo.
Il lavoro di un giornalista corretto ed onesto in
alcuni casi travalica gli interessi e la
collocazione politica della testata per cui
scrive. Non sempre accade, ma a volte sì. Occorre
prenderne atto.
LA FAVOLETTA DEL CALCINACCIO ASSASSINO
E IL FRAMMENTO DI PROIETTILE CHE NON SI VEDE, MA
C'È.
FORSE.
di Roberto Chiodi
OMICIDIO GIULIANI: PERCHÉ LA VERSIONE UFFICIALE
NON È CREDIBILE
Gli investigatori ritengono di non avere più
dubbi sulle modalità che hanno portato alla morte
di Carlo Giuliani, il ragazzo ucciso a Genova
l'anno scorso durante gli scontri per il G8. Un
frammento di proiettile, della lunghezza di 13
millimetri, sarebbe stato trovato alla base del
cranio e questo confermerebbe l'intera, e ultima,
ricostruzione della tragica vicenda. Il
carabiniere coinvolto nell'assalto al Defender
avrebbe esploso due colpi con la sua pistola
d'ordinanza, calibro 9 parabellum. Il primo
proiettile sarebbe andato a conficcarsi in una
grondaia vicina alla chiesa di piazza Alimonda:
esploso, quindi, verso l'alto. Anche il secondo
colpo avrebbe dovuto avere la stessa direzione,
ma un pezzo di calcinaccio scagliato contro la
jeep lo avrebbe intercettato. La traiettoria
sarebbe quindi cambiata e, per una assoluta e
disgraziata casualità, il proiettile avrebbe
colpito al volto Giuliani, uccidendolo. Due i
bossoli calibro 9 trovati sul luogo in cui morì
il ragazzo.
Tutto torna e combacia con le riprese
fotografiche, cinematografiche e foniche
esistenti agli atti dell'inchiesta.
QUESTA RICOSTRUZIONE FA ACQUA DA TUTTE LE PARTI.
Cominciamo dai bossoli: uno era all'interno della
camionetta (ed è verosimile: la Beretta espelle i
bossoli all'indietro, lateralmente); l'altro
invece era in terra e questo non è facilmente
spiegabile.
Ma il fatto ben più misterioso è che soltanto uno
di questi due bossoli è compatibile con l'arma
d'ordinanza del carabiniere che sparò. L'altro
non fu assolutamente esploso da quella pistola e
la percentuale di compatibilità riscontrata dai
periti (appena il dieci per cento) porta a
escludere che sia stato sparato dall'arma del
giovane carabiniere che, nelle foto e nei
filmati, si vede chiaramente far fuoco.
Altro grave mistero: il foro d'entrata. È sotto
l'orbita oculare sinistra, misura otto millimetri
per dieci. Un proiettile calibro 9 parabellum,
esploso da due-tre metri, produce devastazioni
ben più ampie.
Il foro d'uscita è di appena sette millimetri.
Nessun proiettile ad alta velocità e di quel
calibro si limita a un forellino del genere. Per
dare una risposta plausibile a questi dati, i
periti hanno calato la carta dell'impatto con un
pezzo di calcinaccio, che avrebbe ridotto la
velocità del colpo. Ma avrebbe dovuto mutare
anche la traiettoria e la rivoluzione del
proiettile; lo avrebbe sicuramente deformato. E
il foro d'uscita - in questo caso - sarebbe stato
ben più ampio.
Senza contare che unendo il foro d'entrata con
quello d'uscita se ne ricava una linea non
compatibile con quella eventualmente tracciata da
un colpo diretto verso l'alto, che impatta il
calcinaccio e che si dirige poi verso il basso
con un'angolazione sicuramente diversa da quella
riscontrata sul cranio della vittima.
MA È LA STORIA DEL REPERTO QUELLA CHE NON
CONVINCE
Innanzi tutto perché nella prima perizia
anatomica non c'è alcun riferimento (e sarebbe
molto strano che i periti settori non avessero
dato conto di un particolare così decisivo). Ma
soprattutto perché ci si è dimenticati che il
ragazzo, prima dell'autopsia, fu sottoposto a una
Tac. I risultati li abbiamo sotto gli occhi:
eseguita il 20 luglio alle ore 19, 38 minuti, 02
secondi. Nessun frammento metallico risulta alla
base del cranio. Da dove è spuntato, allora,
questo reperto così determinante per la
ricostruzione ufficiale, per avvalorare
l'incredibile storia dell'impatto col calcinaccio
volante?
E ancora: se qualcuno è costretto a ricorrere a
una ricostruzione davvero improbabile come
questa, cos'altro c'è sotto la morte di Carlo?
Con molta più verosimiglianza si potrebbe
sostenere che il colpo mortale ha attinto
Giuliani alla nuca ed è fuoriuscito dall'orbita;
che è stato esploso da un'arma a bassa velocità,
una 7,65, magari silenziata, impugnata da
qualcuno che si trovava dietro al ragazzo...
Perché credere alla versione del "calcinaccio
assassino" e scartare invece quella di un colpo
alle spalle?
LA FAVOLETTA DEL CALCINACCIO ASSASSINO
Invece gli investigatori genovesi non hanno più
dubbi: a uccidere Carlo Giuliani, durante i
disordini dell'anno corso a Genova in occasione
del G8, fu una sventurata carambola. Un
proiettile esploso in aria colpì un pezzo di
calcinaccio che qualcuno aveva tirato contro la
camionetta dei carabinieri; il proiettile mutò
traiettoria e andò a conficcarsi sotto l'occhio
sinistro dello sventurato ragazzo che stava per
scagliare un estintore contro i militari
assediati dentro la jeep.
La conferma di questa ricostruzione è fornita dal
fatto che la velocità del proiettile subì un
notevole ridimensionamento (un calibro 9
parabellum provoca ferite ben più vaste di quelle
che Giuliani subì) e soprattutto da una
circostanza nuova e alquanto insperata: un pezzo
del proiettile, lungo 13 millimetri, è stato
ritrovato alla base del cranio e reca ancora
tracce di calcinaccio.
QUESTA SPECIE DI "PROVA REGINA" NON CONVINCE
Innanzi tutto, come già abbiamo, perché i periti
settori non hanno mai fatto menzione di questo
reperto.
Il testo della perizia anatomica ignora la
presenza di residui di proiettile che, in genere,
sono proprio quelli che i periti cercano quando
analizzano i cadaveri e la testa in particolare.
Ci fosse stato un pezzo di metallo lungo più di
un centimetro lo avrebbero sicuramente trovato e
studiato.
Poi, c'è da ricordare che il ragazzo, prima che
cominciasse la perizia anatomica, fu sottoposto a
una Tac. Erano passati 38 minuti dalle 19 e il
risultato che se ne ricava è la "fotografia" del
cranio prima che gli specialisti comincino a
esaminarlo. Ebbene, la Tac non fa risaltare
nessun pezzo di metallo alla base del cranio.
Tenendo conto del fatto che il cadavere venne
immediatamente cremato, qualcuno dovrà pur
spiegare chi ha ritrovato questo reperto di 13
millimetri e nella testa di chi. Certo, si poteva
avere in qualche modo la certezza che quel
pezzetto di proiettile avesse davvero colpito la
testa di Giuliani: bastava eseguire l'esame del
DNA, confrontare cioè le tracce rimaste ancora
sul reperto (evidentemente, non erano rilevabili
soltanto quelle del calcinaccio...) con
l'impronta genetica di Giuliani. Ma averlo
cremato, in tutta fretta, ha reso impossibile
oggi questa controprova.
Un'ultima notazione: se davvero le cose fossero
andate come gli investigatori vogliono far
credere, la traiettoria del colpo mortale sarebbe
stata sicuramente diversa da quella che risulta
inequivocabilmente dai fori di entrata e di
uscita del proiettile.
Il calcinaccio (ma per altri, acuti osservatori
si tratta della nuvoletta di fumo che segue lo
sparo) si vede volare al di sopra della
camionetta: quindi, se fosse stato colpito dal
proiettile sparato verso l'alto, avrebbe prodotto
una traiettoria fortemente angolata in direzione
alto-basso. Ma così non è.
Giuliani è stato raggiunto al viso da un
proiettile esploso quasi dalla stessa altezza.
E allora: a chi serve la favoletta del
"calcinaccio assassino"?
Chi ha interesse a mischiare le carte?
Quale impronunciabile verità si vuole coprire?
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