Autor: consumo-critico-msf@inventati.org Data: Temat: [Consumo critico - Milano Social Forum]L'inchiesta di Napoli e la
caserma delle torture
Quello che segue è l'atto di accusa dei magistrati che ha portato
all'arresto di due funzionari di polizia (il vicequestore Fabio Ciccimarra,
e il capo dell'antidroga Carlo Solimene) e di sei agenti della questura di
Napoli. E che ha scatenato un terremoto politico e istituzionale dalle
conseguenze imprevedibili. Non solo a Napoli, dove ormai è guerra
dichiarata tra la Questura e la Procura, ma in tutta Italia. In 70 cartelle
i pm Marco Del Gaudio e Francesco Cascini, riassumono fatti, vagliano
testimonianze. Mettono in fila il racconto di una giornata da incubo: il 17
marzo 2001. Quando la democrazia venne sospesa per alcune interminabili
ore, i più elementari diritti delle persone violati, la dignità di uomini e
donne fermati - ingiustamente e al di fuori di ogni legittima procedura,
notano i giudici - calpestata e avvilita. Teatro di una rappresentazione
tragica che evoca scenari di abusi di potere, sopraffazioni, violenze e
gratuiti sadismi, la caserma Raniero della Polizia di Stato. Un luogo dove,
le leggi e la Costituzione insegnano, il cittadino - anche il criminale più
efferato - deve sempre avere la garanzia di entrare senza subire violenze
alla propria persona e senza vedere violata la propria dignità. Il cronista
si ferma qui. Da questo momento inizia il racconto. Punto per punto.
PERCHE' POLIZIOTTI E FUNZIONARI ANDAVANO ARRESTATI
Accuse pesantissime, quelle dei pm e recepite dal giudice per le indagini
preliminari, Isabella Iaselli, tanto gravi da non consentire neppure la
concessione della sospensione condizionale della pena. E allora seguiamolo
il racconto di quel pomeriggio da cani in una caserma della polizia. Che
qui alcuni chiamano la Bolzaneto di Napoli, altri "Garage Olimpo". Solo
un'avvertenza: è roba da stomaci forti.
N. V., giornalista del circuito Indymedia: Sta filmando il
corteo con una telecamere quando viene ferito e portato all'ospedale
Pellegrini insieme ad un amico. Viene portato alla caserma Raniero, qui gli
strappano la telecamera e lui chiede un verbale di sequestro. "Uno dei
poliziotti gli disse che non doveva fare il furbo e che lo avrebbe portato
nella stanza delle torture. Fu accompagnato in bagno per la perquisizione e
un poliziotto vedendo la sua tessera di Indymedia gli disse che quello era
un covo di comunisti e cominciò a picchiarlo, erano in tre a perquisirlo e
tutti e tre continuarono a colpirlo". Gli trovarono una seconda
videocassette, lui protestò e "partirono calci e pugni. Una quarta persona
lo afferrò per i capelli e gli infilò con forza la testa in un lavabo pieno
di urina, ma lui riuscì a non sporcarsi troppo perché la testa urtava
contro il rubinetto".
L. A.. Arrivò in caserma verso le 12,30. "Un agente in borghese le
dava una manata sul viso che le cagionava dolore protrattosi per oltre un
mese. Ha sentito che un ragazzo è stato picchiato con una sedia sulla
schiena e poi è stato picchiato da tre agenti a calci, uguale trattamento
ha ricevuto una ragazza giunta con lui".
S. C. Ha una parapresi spastica agli arti inferiori e
l'occhio destro atrofico. Durante una carica è stato ferito, portato
all'ospedale Loreto Mare, è stato prelevato e trasferito alla caserma
Raniero "dove è stato accolto da un gruppo di poliziotti che gli hanno
sputato addosso". "In bagno è stato fatto spogliare e sottoposto ad
ispezione anale, ha ricevuto ancora calci ma ormai non ci faceva più caso".
Quando i poliziotti hanno scoperto la sua tessera di iscritto
all'associazione ciechi "hanno moderato un po' i toni".
F. C. Lavora da Mc Donalds e quel giorno stava andando al
lavoro, mentre scattava qualche foto della manifestazione è stato fermato,
"trascinato in questura, nel cortile, dove è stato preso a calci e
manganellate". Rilasciato si avviò verso la Cumana per tornare a casa, ma
stava male e si fermò in ospedale. "Dove è stato medicato e fermato da
alcuni poliziotti in borghese. Veniva condotto presso la caserma Raniero
dove un poliziotto lo ha subito pesantemente minacciato; lui si è
aggrappato ad un graduato chiedendo di non essere perquisito da quel
poliziotto. E' stato condotto in bagno e fatto spogliare nudo, ha ricevuto
pugni e botte e ha visto che ad alcuni ragazzi strappavano il piercing".
A. C., procuratore legale. Quel giorno accompagnò una sua amica
all'ospedale Pellegrini. Da qui viene prelevato e portato in caserma. "Dove
è stato accolto da un gruppo di poliziotti con sputi, sgambetti, ingiurie e
minacce. Fu costretto ad inginocchiarsi con la faccia al muro con altre 15
persone. Gli agenti sputavano al loro indirizzo, li picchiavano dietro la
testa e li prendevano a calci. Le ragazze venivano minacciate di violenza
sessuale. Un gruppo di 7-8 persone si accaniva contro di lui proprio perché
avevano saputo che era un avvocato. Fu condotto in bagno con un suo amico e
costretto a denudarsi e a fare flessioni. Quando pensava che l'atmosfera si
fosse rilassata veniva richiamato alla scrivania, fatto inginocchiare e
trascinato per una seconda perquisizione, lo facevano nuovamente spogliare
e lo spingevano dall'uno all'altro, lo mettevano faccia a terra con i
pantaloni calati e sentiva che entravano altre persone. Aveva colpi alla
schiena, telefono ed occhiali venivano distrutti". Cioffi, è entrato in
caserma all'una, lo hanno rilasciato alle sette di sera.
DE F. F. In Caserma viene fatta inginocchiare con la faccia
al muro: viene picchiata da quattro poliziotti con "calci, pugni e
schiaffi. Ad ogni pugno la testa sbatteva contro la parete".
N. G. In caserma "gli hanno detto che era un frocio perché
invece di scopare stava alle manifestazioni. Lo hanno fatto spogliare nudo
e gli hanno ordinato di fare delle flessioni, alla fine il poliziotto
rimasto sull'uscio gli ha fatto uno sgambetto prima di farlo uscire".
R. F. Anche lui viene prelevato dal pronto soccorso dove aveva
accompagnato la sua ragazza. In caserma gli svuotano lo zaino e poi gli
ordinano di raccogliere gli oggetti a terra. "Ogni volta che si abbassava
riceveva un calcio in faccia". Due agenti lo fanno spogliare nudo, uno gli
taglia la cinta dei pantaloni col coltello, l'altro "gliela passava sotto
la gola tenendolo fermo" mentre il collega "gli tirava due calci al fianco".
B. C. In caserma "le perquisizioni avvenivano in un bagno
molto sporco, con la tazza piena di feci tutto intorno".
C. O. Fa parte di una associazione antirazzista. "E' stata fatta
spogliare facendole fare flessioni mentre piangeva. Il bagno a terra era
sporco di sangue e fanghiglia".
M. G. Viene perquisita davanti a "uomini e donne e le poliziotte
dicevano che se non faceva presto lei e l'amica sarebbero state perquisite
da poliziotti maschi. Poi sono entrate persone importanti, tra cui una
persona con una benda ed il clima è cambiato". Testimonianze della presenza
di quest'uomo misterioso con la benda che mette pace e calma gli agenti si
trovano in più passaggi del documento giudiziario.
E. R. Viene prelevato dall'ospedale Pellegrini perché investito da
un motorino e portato in caserma. "Gli chiesero le generalità otto volte".
T. T. "Vide che alcune ragazze venivano perquisite con la porta
aperta e i poliziotti guardavano".
DE C. R. "Le ragazze venivano chiamate troia e puttana, un
ragazzo è stato spogliato e perquisito nudo davanti a tutti".
M. C. In caserma ha visto una ragazza che "piangeva perché
non era stata mai neppure dal ginecologo e subì un'ispezione alla vagina".
M. F. Un poliziotto aprì la porta del bagno mentre veniva
perquisita una ragazza molto giovane e fu rimproverato dalla poliziotta, ma
lui rispose che quella non era una donna: era una merda".
M. F. Una ragazza gli raccontava di essere stata costretta a
"firmare un verbale diverso da quello vero, altrimenti non sarebbe più
uscita. Lei ha firmato piangendo".
J. M. E' figlio di un tenente colonello della Finanza, era in
piazza con una telecamera. In caserma "ha visto una poliziotta perquisire
un ragazzo che interamente nudo eseguiva delle flessioni. Lui non fu
picchiato perché tutti avevano letto dal documento che era figlio di un
Tenente colonnello, motivo per il quale fu rimproverato".
Ultima notazione: su 83 fermati - quelli che hanno testimoniato davanti ai
magistrati - solo 13 sono stati denunciati.
Da repubblica-on-line 1 maggio
Digos, ecco il rapporto-choc
"Botte e insulti nella caserma"
Il funzionario contribuì a scardinare
il muro di omertà sulle azioni degli agenti
di CARLO BONINI
NAPOLI - Questura di Napoli. "Il dottor Tarantino, per favore". "Non è più
da noi. Trasferito. Lo trova al commissariato di Nola". Commissariato di
Nola. "Il dottor Tarantino, cortesemente". "E' in ferie".
Il dottor Paolo Tarantino, già capo della Digos di Napoli, è oggi un'ombra
lontana. Ma non lo sono, a ben vedere, le ragioni che devono averlo
allontanato da via Medina il 23 aprile, soltanto ventiquattro ore prima che
il questore, Nicola Izzo, venisse informato dal Procuratore Agostino Cordova
di quel che stava per abbattersi sui suoi uffici. Per trovarle - queste
ragioni - è sufficiente scorrere le 136 cartelle e gli allegati della ad
oggi inedita richiesta di misure cautelari della Procura di Napoli per gli
otto funzionari della squadra Mobile travolti dall'Affare "Raniero". In
queste pagine, si rintraccia la "disgrazia" di Tarantino. Che poi significa
le scomode verità di un'operazione pianificata, le curiose coincidenze di
cui è rimasto vittima quando, forse, qualcuno tra i suoi colleghi ha capito
che si era messo a scrivere alla Procura della Repubblica qualcosa di
troppo. Che, volontario o meno che fosse, il suo zelo nel ricostruire i
fatti del 17 marzo 2001 stava illuminando angoli destinati a rimanere bui.
Il drappello - Il 28 gennaio scorso, il Procuratore aggiunto Paolo Mancuso e
i suoi sostituti Francesco Cascini e Marco Del Gaudio si rigirano per le
mani l'apodittica comunicazione con cui il capo di gabinetto della Questura,
dottor Marangoni, su indicazione del questore Izzo, suppone di "chiarire"
chi, come e perché, il 17 marzo 2001, metta in piedi la micidiale routine
che prevede il rastrellamento di feriti nei pronto soccorso cittadini per
avviarli alla caserma Raniero. Scrive Marangoni: "Fu disposto che
l'approfondimento delle eventuali responsabilità individuali a carico delle
persone coinvolte in fatti violenti verificatisi nel corso della
manifestazione, nonché la trattazione degli atti di polizia giudiziaria,
fossero effettuati presso la caserma Raniero". E' l'affermazione dell'ovvio.
Di qualcosa che i tre magistrati già sanno. Quella nota nulla di nuovo dice.
E' un velo opaco in cui è difficile non solo rintracciare singole
responsabilità, ma persino individuare un punto da cui cominciare a
cercarle.
Servirebbe un input diverso. Che arriva il 2 febbraio. E' una nota di Paolo
Tarantino. Nitida come meglio non potrebbe essere. I magistrati ne fanno
pieno tesoro. E così la riassumono a pagina 15 della loro richiesta di
misure cautelari: "Le persone giunte al pronto soccorso sono state spesso
fermate all'uscita delle sale di medicheria e condotte, coattivamente,
presso gli uffici di polizia dei singoli ospedali. In questi locali sono
stati controllati i documenti di identità di tutti i feriti e dei loro
accompagnatori. Ad alcuni di loro sono state chieste sommarie informazioni
sull'origine delle loro lesioni. Qualcuno è stato sommariamente perquisito.
Tutti, nonostante pochissimi fossero privi di un documento di identità,
indistintamente e gradualmente - prima a gruppi di tre persone, poi in
numero maggiore - sono stati condotti a bordo di auto della polizia presso
la caserma Raniero dove era confluito personale della Squadra mobile".
Non può sfuggire l'importanza delle informazioni che Tarantino gira ai pm.
Contrariamente a quanto spiega Marangoni - e ancora ieri ripeteva Izzo in
un'intervista al Corriere della sera - l'operazione "Raniero" non ha nulla
dell'arrangiato. Non è un piano messo insieme alla buona dopo i disordini di
piazza Plebiscito per far fronte all'inatteso flusso di fermati. La routine
è studiata, programmata nei giorni precedenti la manifestazione. Chi è
incaricato di farla marciare la rispetta: A) I feriti vengono fermati
secondo un unico criterio: essersi presentati al pronto soccorso con lesioni
a prescindere da come se le siano provocate. B) Sono pressoché tutti
identificabili. C) La Digos viene esclusa dall'accesso alla "Raniero". Al
punto che Tarantino, nella sua nota, ricorda persino che soltanto due dei
suoi uomini "occasionalmente, accompagnarono alcune persone prelevate
dall'ospedale Vecchio Pellegrini": gli agenti Molitierno e Catalfamo.
Il capo della Digos aggiunge dell'altro. Sulla scorta delle sue note, così
la Procura descrive l'accoglienza riservata ai feriti: "Alle persone viene
vietato di allontanarsi liberamente e di abbandonare le stanze in cui
venivano raggruppati, le cosiddette sale del drappello. Vietato qualsiasi
contatto con i difensori. Il macchinoso svolgimento delle operazioni
costringe le persone confluite nell'ospedale a rimanere rinchiuse nelle sale
del drappello dai trenta minuti alle due ore".
"Avvocato d'o cazzo" - Che Tarantino collabori lealmente con la Procura è
evidente. Ma fino a che punto sia disposto a farlo è per gli stessi pm una
scoperta. Sollecitato, è lui infatti a scardinare il primo muro di omertà. A
"segnalare i nomi dei componenti della Mobile impegnati nella caserma
Raniero". A raddrizzare i numeri degli ingressi (almeno 80 ragazzi e non 40
o 70 come vanno arronzando i ricordi di Solimene e Ciccimarra). Ed è ancora
lui ad annotare con disciplinata puntualità circostanze apparentemente
marginali che, incrociate con le testimonianze delle vittime del pestaggio,
offrono illuminanti riscontri alla loro solidità. E' il caso del fermo di
Lua Albano. Il 20 marzo scorso, Tarantino segnala alla Procura che dalle
carte raccolte in questura la ragazza non risulta aver mai varcato la soglia
della "Raniero". E' stata accompagnata e denunciata alla Digos, scrive. Se
così fosse, vorrebbe dire che Lua, una delle testimoni chiave della Procura,
mente ai pm. Ma Tarantino non è convinto, evidentemente, di quello che gli
hanno riferito. Il 25 marzo si infila una seconda volta negli archivi. E
trova la cartuscella che sostiene le parole della ragazza. Nuova nota ai pm:
"E' vero, la Albano è stata prima alla Raniero e soltanto dopo alla Digos".
Già, i dettagli possono dire tutto. Accade per il giovane procuratore legale
Andrea Cioffi. Tarantino, che ovviamente ignora la testimonianza raccolta
dai pm, segnala di aver verificato che il ragazzo risulta "perquisito due
volte" all'interno della "Raniero". Esattamente come Cioffi ha raccontato ai
pm Cascini e Del Gaudio nel dar conto del suo incubo. Si legge a pagina 31
dell'incarto della Procura: "Cioffi non si trovava neppure alla
manifestazione. Semplicemente incontra Allegra Nelli e l'accompagna in
ospedale. Al drappello commette il grave errore di consegnare il tesserino
di appartenenza all'Ordine degli Avvocati. Arrivato alla "Raniero", si
sparge la voce che è stato preso un avvocato. I poliziotti non stanno nei
panni. Lo chiamano alla scrivania dove devono essere consegnati i documenti,
lo fanno inginocchiare, lo prendono in giro perché è avvocato. Riceve i
primi schiaffi. Lo rimandano in fila. Dopo un po', la pantomima si ripete:
di nuovo alla scrivania, di nuovo inginocchiato, di nuovo insultato:
l'avvocato d'o cazzo..E che ti devo combinare. Per tre o quattro volte si
ripete il teatrino. Lo portano in bagno. Lo perquisiscono una prima volta.
Gli dicono di denudarsi, gli chiedono di fare piegamenti sulle gambe, poi lo
lasciano uscire. Andrea tira un sospiro di sollievo e torna al suo posto,
sempre inginocchiato. Ma dopo un po' deve tornare alla scrivania. Gli dicono
che deve fare una seconda perquisizione". Due perquisizioni. Interrogato, lo
dice Cioffi. Sollecitato e ignaro, lo certifica in buona fede Tarantino. Il
ragazzo - è evidente - non racconta balle.
La sala torture - A metterle in fila, le informazioni girate da Paolo
Tarantino alla Procura danno conto di fatti che non sarà facile aggirare: le
testimonianze raccolte dai pm non appaiono figlie dell'invenzione, alla
Raniero non finirono pericolosi estremisti, il piano che trasformò quella
caserma in una "sala torture" venne studiato e qualcuno si preoccupò di
verificarne il funzionamento. Ma le informazioni di Tarantino dicono anche d
ell'altro. Chi parla è fuori. Chi si sottrae al vincolo dell'omertà paga. La
regola non ha risparmiato un brillante e stimato dirigente. Cosa potrebbe
esserne di un semplice agente?