Autor: blanca Data: Temat: [Forumlucca] in risposta ad aldo
Credo che quanto scrivi meriti una riflessione seria e puntuale. Cosa che in
questo momento non posso garantire. Ma ugualmente non voglilo lasciare
perdere l'occasione di dare un segnale di ascolto.
Io vengo da scelte precise riguardo all'impegno politico-sociale. Ovvero la
volontà di essere semplicemente individuo, soggetto di dialogo e confronto
sulla base delle mie sole forze e convinzioni. Ho abbandonato l'attività di
partito e qualsiasi altra forma di partecipazione in settori specifici.
Sbagliato o no ognuno lo può valutare da sè. Quello che per me ha
significato il movimento, a partire da Genova e a proseguire con la stagione
proficua della redazione del libro bianco, cui ho partecipato con un
entusiasmo che non mi conoscevo, è stata la partecipazione diretta a una
spinta comune. Gli obiettivi comuni sono elementi fondanti da individuare e
puntualizzare insieme, strada facendo. Quello che ho percepito di nuovo e
che mi ha spinta a mettermi di nuovo in gioco è stata quella bella forma di
democrazia diretta che il movimento prospettava. Per me è una condizione
"sine qua non", ovvero una volta venisse a mancare questa condizione io non
avrei alternativa che mettermi a cercare altre forme. Mi permetto di dire
queste cose perchè il modo di confrontarsi di un organismo come il movimento
non è affatto una questione di forma. I metodi qui dentro equivalgono a
contenuti. Adottare dei metodi di confronto è come iniziare a costruire il
mondo "altro" che riteniamo possibile. Quindi dobbiamo stare molto attenti a
come ci confrontiamo, a come ascoltiamo, a come ci relazioniamo. Per una
strana alchimia il gruppo che ha lavorato alla redazione del libro bianco
(di questo posso parlare, perchè mi "appartiene") ha saputo creare rapporti,
relazioni che sono andate ben oltre la condivisione di una attività.
Evidentemente il "fare" insieme ha un potenziale socializzante. Ma un
fattore importante è stato anche un'altro. Il fatto che tutti noi abbiamo
saputo prescindere (attenzione: prescindere, non dimenticare) dalla propria
appartenenza. Lì dentro eravamo e siamo semplicemente persone che portano
avanti un progetto comune, con sensibilità diverse, con retroterra diversi,
con modi diversi. Accettare un confronto senza il paravento della veste
istituzionale è indubbiamente più difficile, ma credo che il senso del
movimento sia anche questo. In fondo di coordinamenti di associazioni ne
esistevano già prima. Se il movimento si limitasse a questo non sarebbe
quella gran novità. E invece io credo che ci sia una potenzialità nuova, un
entusiasmo nuovo, una voglia di partecipazione rivolta alla politica come
partecipazione civile.
Il fatto che facciano parte del forum i collettivi degli studenti è una
novità. Non dobbiamo sprecare o sottovalutare questa partecipazione. Il
movimento è fatto di spazi, libertà di elaborazione e di espressione,
capacità di seguire percorsi creativi...
Non riduciamoci ancora una volta a quelle forme di fare politica in cui ci
si annoia a vicenda perchè si è perso l'entusiasmo di guardare oltre.
ILAria
----- Original Message -----
From: "Zanchetta Aldo" <aldzanch@???>
To: <forumlucca@???>
Sent: Tuesday, January 22, 2002 9:47 PM
Subject: R: [Forumlucca] incidenti di percorso
Note per la riunione di riflessione del Coordinamento Lucchese
Essendo fuori sede non potrò partecipare alla riunione che ritengo della
massima importanza. La riunione cui ho partecipata alla Casa della Pace ha
evidenziato malesseri che non possono essere accolti con fastidio o
considerati come rallentamento del nostro lavoro, essendo anzi condizione di
una crescita salutare.
"Camminare interrogando" è uno degli slogans zapatisti (solgans cui farò
riferimento anche dopo perchè non slogans ma espressione di una delle
migliori riflessioni della sinistra in questi anni, purtroppo poco recepita
nel suo significato). Se la urgenza del 'fare' annulla gli spazi dell'
'analizzare', e in particolare analizzare fini, modalità e risultati
concreti della nostra azione non andremo a mio parere lontani.
Dopo vari anni di latitanza della politica intesa come progetto di crescita
della convivenza civile e di grigio dominio di un 'pensiero unico', a
partire dalla insurrezione zapatista e con le tappe più significative ma non
uniche di Seattle e Genova, le ragioni della politica sono tornate a farsi
sentire. Ciò è avvenuto per lo più al di fuori delle forme politiche
sclerotizzate della politica tradizionale, partendo da molti luoghi diversi,
con obiettivi immediati diversi, in occidente spesso all'interno di piccoli
gruppi di riflessione impegnati in molti casi a praticare forme nuove
(commercio equo, banche del tempo, rinascita di solidarietà internazionali)
e nella periferia del mondo con ampie lotte sociali che partono da
drammatiche emarginazioni.
Il movimento "contro il neoliberismo, per l'umanità" è così nato plurale,
fortemente diversificato, ma ha acquistato piano piano coscienza che occorre
sommare gli sforzi di resistenza e di proposizione per una alternativa al
sistema. In esso si sono incontrate queste forme nuove ma anche vecchie
aspirazioni deluse, nuove prese di coscienza abbastanza diffuse ( es la non
violenza, tematica non sempre approfondita a sufficienza ma positiva) e
vecchie prassi ( es 'minoranze illuminate' destinate dalla storia a grandi
compiti), aperture nuove miste a vecchie strumentalizzazioni. Il movimento
nel complesso è vitale ed almeno nei suoi aspetti di resistenza cresce ed è
sufficientemente unitario ma deve anche restare vigile contro le derive
interne e gli antagonismi distruttivi, che sono altra cosa rispetto al
confronto costruttivo nel riconoscimento del diritto alla diversità, ed
aumentare fortemente la propria capacità di proposizione ed attrazione.
"Parlare e ascoltare" è un'altro degli slogans, che non si limita al fatto
acustico ma che implica lo sforzo di capire gli altri, quelli a noi vicini e
quelli meno. Che talora hanno porzioni di verità che forse a noi sfuggono.
Queste riflessioni possono sembrare astratte o fuori tempo ed invece sono a
mio parere essenziali per un movimento che aspiri a costruire "un mondo di
mondi diversi" cioè pluralista, democratico, alternativo
all'omogeneizzazione capitalista. Questa costruzione non possiamo farla come
minoranza (ché tale siamo, e fortemente ancora) ma necessitiamo di costruire
alleanze e consensi più vasti. E questo non possiamo farlo se non da
posizioni credibili e chiare.
Questo dibattito deve essere fatto fra noi non astrattamente ma mano mano
che avanziamo, avendo chiari obiettivi finali ed intermedi, con strategie
efficaci, con comportamenti coerenti, con una continua verifica e capacità
di autocritica, cercando di individuare ciò che ci unisce ma rispettando ciò
che ci diversifica anche. Sono in sostanza, a mio parere, acquisizioni che
devono guidare la nostra prassi quotidia.
Credo pertanto che il 'coordinamento' debba essere un punto di incontro di
soggetti diversi ciascuno con competenze e priorità specifiche, che non
possono essere minimizzate o indebolite da un eccesso di attività collettive
in azioni pur importanti. La vitalità attuale del movimento è data dalla
vitalità, e dalla lotta su fronti diversi, delle sue componenti. Le quali
volta a volta si riuniscono su obiettivi concreti e possibili.
Infatti alcuni obiettivi o momenti comuni devono esserci : Genova o
equivalenti (senza moltiplicare all'infinito ma scegliendo i momenti
significativi in cui occorre essere veramente presenti assieme: es la FAO a
giugno prossimo, contro la fame nel mondo, gli OGM, la biopirateria), ma
anche con obiettivi locali significativi e ben selezionati (es. la vertenza
'spazi' o quella 'acqua'). Ma questi momenti comuni non possono essere
moltiplicati a dismisura, non solo per non togliere troppo energia alle
attività specifiche dei gruppi, che sono fra l'altro anche luoghi di
partecipazione e crescita 'decentrata' dei loro aderenti, e quindi di
moltiplicazione di forze, ma anche perchè devono essere preparati bene sia
per la comprensibilità da parte dell'opinione pubblica, verso la quale non
manifestiamo molta attenzione costruttiva (anche se lo crediamo), e devono
cogliere dei successi. Passare di contestazione in contestazione senza
arrivare a mettere in cascina dei risultati è deletereo nel tempo sia per la
nostra autostima ma anche per la nostra credibilità esterna. Quando dico che
non manifestiamo molta attenzione verso l'opinione pubblica e le sue
reazioni intendo dire che spesso insistiamo in azioni inefficaci, con forme
obsolete, spesso moralistiche, talora insolenti e con linguaggi verbali che
magari servono più a marcare i confini che invece a spezzarli, a consolidare
divisioni anzichè tessere dialogo.
Su questa tematica io credo che il coordinamento lucchese deve compiere una
riflessione seria, superando un volontarismo generoso con un progetto
ambizioso e credibile : quello di cambiare i rapporti di forze fra chi è
contro e chi è per il sistema, magari recuperando fra le fila di chi è
incerto, scoraggiato o scettico verso la nostra capacità alternativa. Per
far questo occorre più umilta, più sapere, più disponibilità al dialogo di
quanto non ne abbiamo. Abbiamo avuto dei momenti incoraggianti di attenzione
e che forse abbiamo già annullato. Anche questa è una verifica da fare.
Se le azioni comuni devono essere poche e ben mirate, credo che invece il
coordinamento, più formalmente strutturato con presenza paritaria di
rappresentanti delegati dai gruppi, debba anche avere un aspetto di
consultazione frequente, di interventi con comunicati su fatti significativi
della vita locale e, meno, nazionale (anche qui l'eccesso invece di essere
positivo, 'svaluta' lo strumento banalizzandolo). Deve inoltre servire a
distribuire più logicamente le iniziative dei singoli gruppi, evitando
concentrazioni di conferenze o incontri pubblici in settimane
sovrasccariche. Ricordate Oscar Wilde : "Il socialismo è una bella cosa, ma
richiede troppe serate" ? E magari evitando ripetizioni e favorendo invece
approfondimenti ed allargamenti di riflessione.
Vi allego una mia sintesi di una analisi di Ivan Illich sulla inevitabile
crisi del sistema. Magari esistono altre analisi e altre letture della
realtà migliori di questa. Ma una ipotesi dobbiamo pur farla su cui misurare
le nostre scelte.
Scritta 30 anni fa questa analisi non è stata contradetta dai fatti almeno
fino ad oggi, e forse si avvicina il momento in cui avverrà (sta avvenendo?)
quel fatto che, 'insignificante' in sè, farà implodere il sistema.
Ma Illich non è determinista : quel giorno potranno esserci una via di
uscita democratica e veramente alternativa oppure una soluzione
dittatorial-tecnocratica. Se noi crediamo che il sistema non è a lungo
sostenibile, dobbiamo preparare la prima delle due soluzioni, con
responsabilità. E questa non può prescindere nè dalle nostre capacità
'costruttive' ne dalla nostra 'credibilità' in ambienti più ampi di quelli
che oggi riusciamo, con le nostre manifestazioni, a toccare.
Buon lavoro
Aldo
PS
Per quelli meno giovani fra noi non è possibile non far tesoro degli errori
di quello che pure fu un poderoso movimento mondiale nel '68 e di qui una
certa reticenza a ripetere formule che sulla carta sembrano attraenti e
generose ma che sempre vanno verificate sul percorso.