Re: [Pacifistat] Porti: contro la guerra, senza ipocrisie

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Author: Michele Riccio
Date:  
To: marzia angelucci, pacifistat
Subject: Re: [Pacifistat] Porti: contro la guerra, senza ipocrisie
Sì, hai ragione, questa è una notizia molto importante.

E' un buon esempio del fatto che quando - in un posto di lavoro - i lavoratori sono ben organizzati, con una consapevolezza politica e con una analisi economica e politica alle spalle, allora è possibile prendere delle posizioni concrete di carattere "umano" e internazionalista.

Il porto di Genova e la Compagnia Unica dei portuali già da molti anni sta dimostrando che i lavoratori sono in grado di difendere i propri interessi materiali, che quando i lavoratori sono attivi e determinati il sindacato funziona e che questa forza può difendere anche altre persone.
Non è un risultato scontato: ci sono voluti decenni per costruire e organizzare questa consapevolezza.

Come si vede già da questo episodio simbolico, la forza dei lavoratori non sta in una crocetta messa nell'urna, ma nel fatto di essere organizzati nei luoghi di lavoro e quindi di poter incidere nei processi produttivi, perché - ricordiamocelo - siamo noi lavoratori dipendenti a produrre tutta la ricchezza.
E' un episodio simbolico, perché - in un mondo in cui tutte le potenze continentali si stanno riarmando, Europa compresa - le guerre che si prospettano per il futuro saranno di ben altra magnitudo.
E di ben altra magnitudo dovrà essere la capacità politica e organizzativa dei lavoratori che vorranno fermarle.

Sono questi i compiti "internazionalisti" per cui vale la pena impegnarsi e su cui formare i giovani.

Ciao a tutti, Michele Riccio


Da: "marzia angelucci" <angelucc@???>
A: pacifistat@???
Inviato: Mercoledì, 22 maggio 2019 12:26:28
Oggetto: Re: [Pacifistat] Porti: contro la guerra, senza ipocrisie

Questa mail mi sembra molto importante. Un gruppo di lavoratori coinvolto fa qualcosa di concreto, rischiando probabilmente di persona, contro un commercio sbagliato che va avanti da anni sotto varie amministrazioni, evidentemente.
Chiudiamo i porti alle persone ma sono aperti per le armi, in parte da noi prodotte, che oltretutto arrivano ai peggiori governi, e, per le vie più traverse che sussuistono in queste zone e nel commercio delle armi più in generale, forse anche al terrorismo che si rivolgerà poi contro le nostre, e le loro, popolazioni.
Speriamo che ci sia modo di sostenere questa battaglia.
Marzia


Il 22/05/2019 11:40, Roberto Badel ha scritto:







https://www.infoaut.org/antifascismonuove-destre/porti-contro-la-guerra-senza-ipocrisie

"Una nave carica di armi, la Bahri Yambu, è in arrivo nel porto di Genova.


Grazie all’impegno e all’impulso di alcuni lavoratori del porto che hanno sollevato la gravità dei fatti, è in corso una mobilitazione contro l’arrivo della nave saudita e il suo carico. Una mobilitazione giusta e doverosa che dovrà porsi fino in fondo, e non solo a parole o a mezzo stampa, con quali mezzi raggiungere il proprio obiettivo: non far attraccare quella nave a Genova, bloccare il suo carico di morte!

Alcune precisazioni però, mentre prendono parola in molti e persino illustri deputate PD come Raffaella Paita e Lia Quartapelle, vanno fatte.

I traffici di armi a Genova non sono una novità: la compagnia Bahri fa toccate costanti al Genoa Metal Terminal – Steinweg e in questi anni ha già imbarcato armi e mezzi militari – non ultimi una quindicina di carri armati italiani quest’autunno e altri mezzi d’assalto diretti in Pakistan.
Le bombe della Rwm (Rheinmetall) prodotte tra Ghedi (Brescia) e Domus Novas (Sulcis) passano abitualmente dal nostro porto, con la linea Bahri ma anche con la linea Messina con la nave Jolly Cobalto; anche qui: bombe Rwm prodotte in Italia e vendute per le commesse dell’Arabia Saudita che le utilizza per bombardare lo Yemen, o mezzi Iveco, utilizzati con gli stessi fini in altri paesi arabi.

Ha quindi ragione la Capitaneria di Porto a ricordare che questi traffici ci sono già stati: ma si sbaglia di grosso quando dice che nessuno ha mai sollevato il problema.
Lo facemmo più volte e in diversi modi e, inoltre, diversi portuali si sono più volte rifiutati di lavorare con “merce” di questo tipo. Sia per motivi etici, sia per motivi di sicurezza.
Forse tutte le altre volte non siamo arrivati a far preoccupare gli alti vertici di partito, purtroppo non c’erano scadenze elettorali vicine: le uniche occasioni in cui i politici si ricordano della sorte dei lavoratori.
Aggiungiamo, proprio perché non abbiamo la memoria corta, che il PD è l’ultimo partito che può farsi paladino della pace, avendo il ministro della Difesa (2014/2018, governi Renzi e Gentiloni) Roberta Pinotti avuto un ruolo cardine nel supportare e formulare quegli accordi con i sauditi in cui la fornitura di armi era un pilastro. Un pilastro da 400 milioni di euro all’anno.
Il fatto che il tutto avvenga, o meno, nel rispetto delle leggi internazionali è fatto che non ci interessa come, immaginiamo, non interessa alle decine di migliaia di morti di Sana’a, capitale yemenita distrutta dalle bombe italiane.
La spesa militare annua italiana è calcolata intorno ai 26 miliardi di euro (dati 2017) e ogni anno aumenta. Sono circa 70 milioni di euro al giorno!!! Settanta milioni di euro al giorno spesi per produrre armi e mezzi che servono ad uccidere altri esseri umani, perché le armi e i mezzi militari, e gli eserciti che li usano esistono per assolvere questo ruolo: uccidere, distruggere case, provocare esodi di massa.
Ricordiamocene la prossima volta che sentiremo qualcuno dire “se ne stiano a casa loro”.

Questa nave va fermata, e invitiamo tutti coloro vogliono realmente e genuinamente raggiungere quest’obiettivo a farsi avanti e unirsi in questa lotta.
Senza ipocrisie e, soprattutto, senza ipocriti.






del Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali – Genova"


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